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Scene di vita senza B. (ma con B. sullo sfondo)
Prima di tornare al presidio e alle bandiere, fatemi raccontare tre piccole scene di questa Italia, la stessa che si affaccia nei nostri pubblici pensieri.
Scena prima. Mentre esco dalla casa editrice Melampo vengo attratto da un’immagine stupenda. L’arrivo di una scolaresca di bimbi di 5-6 anni. Una ventina circa. Possono essere della materna o del primo anno delle elementari. Mentre camminano, cantano le loro meravigliose canzoncine, che probabilmente gli hanno insegnato le due giovani maestre che li accompagnano, immagine vivente di quell’amore “per professione” che ha ai miei occhi una grandezza inarrivabile. I bimbi si tengono per mano. E sempre cantando attraversano la strada sulle strisce pedonali. Sono, ve lo garantisco, uno spettacolo che riconcilia con il mondo tutto intero. Io me li guardo affascinato, ripenso ai miei figli piccolini, sogno di potere avere presto altri bambini da accarezzare, gli direi “per favore, fermatevi così per trenta secondi, fatemi sognare ancora un poco”, vorrei ringraziare quelle due maestre. In quello stesso momento (i bimbi avranno iniziato l’attraversamento da cinque secondi) un tizio su un’auto suona il clacson impaziente. Bambini sparite, sembra dire il tamarro con il suo spetazzamento. E poi ci meravigliamo del declino di Milano? Il futuro è un fastidio, l’amore pure; e allora tenetevi le vostre mazzette, minchiazza (come direbbe Lillo), perché per quelle non suonereste mai il clacson.
Scena seconda. Stavolta sono in treno. Una ragazza appena sopra i 20, con scollatura (come si sarebbe detto una volta) assai generosa e capelli rosso vermiglio, sta seduta nel corridoio sul suo zainone. E’ sconvolta. Parla probabilmente con sua madre. Si lamenta di qualcosa che è accaduto dal giornalaio. Conclusosi con l’accusa, da parte di una signora, di averle preso la carta di credito. Piange, è scossa. Mi viene da andarla ad accarezzare. Ma faccio appena in tempo a pensarlo e lei è lanciata a voce altissima: “ma guarda questa p……, ma cosa c…. pensi che ci faccia con la tua carta di credito? Ma che str….! Ma certo che piango, ma c….., ma tienitela la tua carta di credito, anzi ficcatela su per il c…, ma che c…. me ne faccio io? Ma cosa pensi che sia, una maleducata?”. Stupendo, come ritratto antropologico del paese l’ho trovato stupendo, e perfino carico di ingenuità. Davvero Verdone non deve inventare niente.
Scena terza. Un giovane compie i trent’anni festeggiandoli in un’osteria sui Navigli. Prende crostini, mezzo piatto di fagioli-tonno-e-cipolle con il padre, burratina, torta di pera al cioccolato, parlando di lavoro (studio di un penalista) e di politica varia. Davanti a lui la fidanzatina, la madre, accanto al padre la sorella. Voleva venire al presidio di ieri ma si vergognava a uscire dallo studio per andare a sentire parlare, tra gli altri, suo padre. Fosse stato un altro sì, ma se è il padre come si fa a chiedere il permesso e lasciare il lavoro anche se il presidio è a cento metri? Ma sì, ci avete azzeccato: è il Gracco maggiore. Auguri Carlo. In fondo, anche se in un altro modo, sei eccentrico anche tu. Perché il mondo, alla fine, si divide in due ancora prima che entri in scena Berlusconi.
Nando
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