Genova capitale dei diritti

(la Repubblica ed. Genova, 11 luglio 2008) – Genova capitale dei diritti umani e civili. Genova che converte le sue ferite in progetto di impegno, in identità  più alta. Che non si chiude nelle commemorazioni del suo passato recente ma  guarda a ciò che accade nel mondo e si fa interprete di una domanda crescente di diritti. Non accade sempre. Anzi, non accade quasi mai. Normalmente  sono le persone a  sublimare il proprio dolore. Donne e uomini che hanno subito una violenza o un’ingiustizia e che poi dedicano la loro vita alla ricerca di quella che appare loro la giustizia più alta, la giustizia che non si trova nei tribunali. Le madri della Plaza de Mayo, i familiari delle vittime di mafia, le associazioni delle vittime della strada, i genitori di ragazzi uccisi dall’eroina. Le città no. Non avendo l’anima delle persone, esse svolgono – al più –  il loro dovere civico di ricordare. Di commemorare. Di  costruire una tradizione orale.  Genova ha deciso di comportarsi come una persona, con la stessa intensità emotiva e intellettuale. E di partire dal suo passato prossimo, dalla violazione umiliante dell’ habeas corpus del 2001, per aiutare la costruzione di un futuro più ricco di diritti. Di diventare anzi riferimento nazionale e internazionale dei diritti. Di alzare una bandiera che in Italia fatica spesso a sventolare, tarpata com’è dai pregiudizi, dall’indifferenza e dal rancore sociale.

E di partire dai diritti fondamentali.  


Perché, per quanto giuristi, sociologi e politologi abbiano registrato e teorizzato con legittimo compiacimento  l’avanzata impetuosa di una larga e nuova generazione di diritti (da quelli sociali a quelli ambientali, a quelli più recenti dell’utente o del consumatore), oggi tornano sulla scena, carichi di sfregi, proprio i diritti umani che si pensavano acquisiti una volta per sempre. I drammi che si consumano a ridosso e dentro i movimenti migratori che stanno cambiando il mondo, la comparsa di nuove e feroci  forme di criminalità organizzata, la diffusione dei veleni del razzismo e della xenofobia,  ci stanno obbligando a ripensare, anche sotto questo profilo, la linearità del cammino umano. Ci stanno mostrando  un passato intento a sorpassare il futuro.

I dieci giorni dedicati ai diritti dalla Città di Genova dal 16 al 26 luglio sono dunque l’inizio di un progetto più grande.  Si inseriscono in un movimento di opinione mondiale che tende a dare, in vista del 10 dicembre,  il giusto risalto al sessantesimo anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo. Si collocano dentro una sensibilità democratica che ha portato in molte città, specie piccole, a celebrare i sessant’anni della nostra Costituzione. Ma fanno anche i conti con le molte amnesie  e le molte retoriche; come quella che ha dichiarato il 2008 l’anno europeo del lavoro minorile senza che nessuno abbia sentito l’impulso di dare concretamente corso – sul piano legislativo o dell’informazione – a una scelta tanto impegnativa e significativa.

Genova fa insomma tesoro della sua memoria e della sua storia democratica per aprire un percorso nuovo. Per cercare di costruire intorno al suo governo ma, ancor più, intorno a tutta la sua cittadinanza una larga rete di fiducie e di speranze, di idee e di incontri. Nella consapevolezza che il primo metro della modernità è, alla fine, quello dei diritti umani e dei costumi civili.

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