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Tanti auguri a te. La festa di don Gallo
Che bello! Ma che bello festeggiare don Andrea Gallo in Comune questa mattina a Genova. Fa ottant’anni, il vecchio anarchico evangelico, il prete degli ultimi sempre più ultimi. E’ stato giusto inserire questo compleanno nei “dieci giorni dei diritti” che si stanno tenendo da ieri in città, proprio in contemporanea con le sentenze su Bolzaneto (lunedì) e Diaz (oggi ultima udienza). Giusto e degno, aggiungo, visto che per una vita intera don Gallo ha lavorato disinteressatamente per i diritti sociali, che ha difeso i diritti umani di chi non aveva nemmeno la cittadinanza a cui aggrapparsi per invocare la propria dignità. Era allegro, emozionato, il prete, e ha fatto anche una specie di lezione civile autobiografica in un salone strapieno. C’erano tutti: quelli che lo aiutano ogni giorno, quelli che ne sono stati aiutati, i cittadini che lo ammirano per la generosità di decenni, le autorità, questore compreso. Quello che avevamo considerato un incontro doveroso, il ringraziamento del Comune a un suo cittadino-testimone giunto agli ottanta, si è dimostrato uno degli eventi più caldi e significativi di tutto il programma. Oggi a Palazzo Ducale aprirà la mostra su di lui. Prima, alle 16, Gherardo Colombo terrà la sua “lectio magistralis” sulla Costituzione. Mai accaduto, finora, che il consiglio comunale di una grande città celebrasse al suo interno i 60 anni della nostra Carta. Mai successo che Gherardo Colombo venisse invitato a parlare in un consiglio comunale. Ma per un/una giornalista genovese, questa è materia, come direbbe B., da non “attenzionare”. “E’ bla bla” ha detto, “non ci pensiamo nemmeno a venire”. Fantastico.
Fantastica è stata la fila di persone che, nel silenzio di tutte le cronache milanesi, è venuta lunedì pomeriggio a lasciare le sue impronte digitali alla manifestazione “Siamo tutti rom”. Gente mia: la fila – una fila lunga, non di due o tre o quattro persone, ma di quelle belle file da “primarie” – non si è mai interrotta dalle cinque alle otto di sera. L’ho raccontato alla direzione del Piddì, a cui ho partecipato l’altro ieri. L’ho detto insieme ad altre cose.
A voi la sintesi.
1) Non si può dare nemmeno la sola impressione di contrapporre la questione sociale (noi Piddì, più bravi e seri) alla questione democratica (Di Pietro). Ci sono nostri elettori che si disperano perché sono costretti a seguire Di Pietro anziché il partito che hanno votato. 2) Basta a farsi del male dando un’immagine dell’opposizione 2001-2006 come di un’orda di assatanati, facevamo proposte sensate anche allora. Semmai temo un’opposizione come quella che si è sempre fatta, quella antimeritocratica che protegge tutti quelli che protestano contro il governo, qualunque siano le loro ragioni. 3) Non diamo un’immagine caricaturale del nostro elettorato (o di una sua parte) sostenendo che non vuole il dialogo sulle regole; lo sanno bene i nostri elettori che le regole si fanno insieme, non è il dialogo che fa paura; fa paura che si sia disposti a negoziare i grandi princìpi costituzionali; e sconcerta l’assenza di un partito capace di parlare alla società e di fare opposizione non solo in parlamento. 4) le tessere devono essere pulite (su questo, va detto a speranza di molti, i criteri sono molto più seri che nella Margherita), aggiungiamo obbligatoriamente sulle tessere i numeri di telefono, che consentono di scoprire tanti imbrogli. 5) Per le europee, soprattutto se si adottano circoscrizioni più piccole, io sono per le preferenze; anzi, io sono comunque per le preferenze, specie dopo avere visto la sciagura delle candidature (silenzio assoluto); e no alle candidature multiple alle europee, nuovamente proposte in massimo di tre. Ecco, credo di avere fatto il mio dovere, e non ho parlato nel vuoto pneumatico.
Auguri al mio amico Francesco, medico nato il giorno della presa della Bastiglia e che cura gratis i rom e i senza cittadinanza. Auguri ancora a don Andrea che fa gratis cento altre cose.
Nando
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