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Genova. Lena, la paura dei diritti
La memoria, gente, la memoria. Ma perché, non l’avevate mai sentito Umberto Bossi spiegare dove bisogna mettersi la bandiera tricolore? E se Fini, il santo protettore della nazione e delle forze armate ci si allea; se la vestale della bandiera, quello che spiega ogni giorno alla sinistra il valore del tricolore ci governa insieme, vi sembra uno spettacolo nuovo? Già visto. Per il potere si fa tutto. Divorziati che si battono per la famiglia, complici degli anti-italiani che si battono per l’Italia. Che dire? Forse nulla, se non che si gradirebbe un “severo monito” a non alzare i toni.
La memoria fa brutti scherzi anche a me. Ho ripescato un mio vecchio libro del ’99, si chiamava “Diario di fine secolo”. Dentro ci ho trovato una mia polemica con B. Il quale nell’ottobre del ’99 va da Costanzo in tivù. E quando gli viene chiesto delle indagini dei giudici su di lui e si evoca anche il nome di Borsellino, ostenta sufficienza. Rileggete: “Come il 99 per cento degli italiani, ho avuto contezza dell’esistenza di un giudice chiamato Borsellino solo dopo che era stato ucciso dalla mafia”. 99 per cento degli italiani, ho avuto contezza dell’esistenza, un giudice chiamato Borsellino: di peggio non avrebbe potuto dire; e peggio non avrebbe potuto tradire la sua psiche.
La memoria non si fermi mai. E noi, però, non fermiamoci alla memoria. Ma sì, va’, l’ho detta giusta.
Nando
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