Il governo del fare. Con capezzoli e senza

Olé, ho finito le mie prime settimane genovesi. Buon bilancio. Prima le dieci giornate sui diritti. Ora la preparazione della notte bianca, già fissata da mesi al 13 settembre. La stiamo cambiando all’insegna del mio motto preferito: le nozze si fanno con i fichi secchi, ovvero un terzo dei costi dello scorso anno e aumento della superficie cittadina interessata. Ve la racconterò a suo tempo, quando sarà definitivo tutto l’impianto (carino assai). Subito dopo (17-21 settembre) sarà la volta della rassegna su “antichi cortili e giovani talenti”, che ospiterà i migliori ragazzi dei conservatori italiani, specie di quei conservatori che qualche scimunito vorrebbe chiudere raccontando che sono piccoli e inutili. Venite a sentire i loro allievi, please (come vedete, mi acconcio alle frenesia anglofona che ha preso i blogghisti più matti del mondo, cioè i miei…). Sono tornato da Genova, dunque. Scriverò un po’ di cose per due o tre giorni, poi vedrò che fare.

Già, il fare. Ci ripetono che sono il governo “del fare”. Ma voi avete mai visto un capo del governo, scusate il termine, più fancazzista di questo che mostra con l’aria severa il foglio con i suoi appuntamenti per spiegare quanto è costretto a lavorare, oh che fatica; e poi scoprite che, in un giorno feriale di metà settimana, dalle cinque in poi incontra Evelina, Antonella, Nunzia (stupenda: ha detto che gli doveva parlare di padre Pio!!!) e alla fine della sera pure la misteriosa Selvaggia? Ragazzi, ma questo, tra Sardegna, Portofino e donne varie, non lavora praticamente mai. Altro che governo del fare. Ve lo racconto io che governo è, anzi non ve lo posso dire. Dico però che, a questo punto Cecilia batte Veronica 10-0. E basta con questa storia che deve pensare al futuro dei suoi figli. Non l’ha mica detto il dottore che debbano diventare i giovanotti/e più ricchi d’Italia. E il futuro non è fatto solo di soldi. In tutto questo, comunque, c’è una cosa che mi fa morire dal ridere: il capezzolo del Tiepolo. Ma sì, il fatto che chi passa la giornata a ricevere attrici, giovani e formose deputate, o le selvagge di turno, poi abbia pure la pruderie da incolto doc di fare ritoccare il Tiepolo (ragazzi: il Tiepolo! Il Tiepolo!) che gli sta alle spalle durante le conferenze stampa. C’è qualcosa di clamorosamente freudiano, uno scintillante senso di colpa, in questa decisione. Ma ci pensate che mettono i guardiani e i sistemi antiallarme nei musei e intanto il capo del governo fa dare una mano di vernice su un dipinto di uno dei più grandi artisti italiani… facendosi pure sbeffeggiare dal direttore del musei vaticani? Barzellette. Barzellette purissime, come il governo del fare…

E a proposito di barzellette, vi racconto di un esame sostenuto nelle scorse settimane a Genova (roba vera, eh). Domanda dell’esaminatore: Mi parli di Bach. Risposta dell’esaminato: E’ uno dei più grandi musicisti della storia, purtroppo della sua produzione non ci è rimasto quasi nulla. Esaminatore: Ma che dici, come non è rimasto nulla? Esaminato: Professore guardi che c’è scritto sul libro. Il professore (o professoressa, non ricordo) prende il libro, legge e trasecola: “autore di una produzione pressoché sterminata”. “Sterminata”, capito? Perciò non ci è pervenuta. Quando l’ho raccontata per sms ai Gracchi, lei mi ha risposto “non ci credo, è inventata”. Lui, più profeticamente, ha risposto: “non so chi sia questo studente, ma diventerà presidente del consiglio”.

P.S. Volete sapere com’è finita alla Festa del Piddì a Firenze? E stata messa in programma la presentazione dei Boss di Chinatown, 24 agosto, ore 21,30. Ma ora sono choccato soprattutto dal fatto che Veltroni abbia deciso di non fare il comizio finale, altro che i libri Melampo…

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