Piddì, si salvi chi può

Si salvi chi può. Ho visto da vicino pezzi di vita interna del mio pregiato Pd. Ho visto perdere un tempo infinito a formare per correnti e per provincie una direzione regionale lombarda senza alcun riferimento al pubblico prestigio dei candidati né al lavoro fattola loro per il partito. Una direzione che alla fine sarà, mi sembra, di duecento persone. Cioè non conterà praticamente nulla. E la cui componente “elettiva” (!) è stata fatta nel modo su indicato. Per trarne una lista bloccata da approvare in blocco, avendola vista un quarto d’ora prima. E siccome una giovane ha avuto da eccepire sul metodo, il giovane segretario regionale (un trentenne, il rinnovamento…) ha risposto che si può dire quel che si vuole e con fondati motivi, ma che alla fine qualcuno la direzione deve pur farla.

Ecco, qui, esattamente qui sta la fine della democrazia dei partiti. Ossia la loro incostituzionalità. La direzione non deve farla “qualcuno”. La direzione si vota, santo cielo! Una preferenza a testa ai membri dell’assemblea e si vota. Conoscete questa parola? Voce del verbo “votare”, non “fare”. E’ il modo, l’unico modo per avere una direzione.

Il mondo ha le sue nuove guerre. La gente ha i suoi problemi, grandi e piccoli. Si fanno anche cose buone (ieri ho inaugurato la bottega dei sapori della legalità di Libera a Mesagne, in provincia di Brindisi, considerata fino a pochi anni fa la futura Corleone, la futura Casal di Principe…). Ma il Pd passa il tempo a “fare” le direzioni. So, so che anch’io ci sono entrato, in quella nazionale, in questo modo. Ma da sempre ho chiesto che a tutti i livelli si voti. Vedo la decomposizione di cui parlava ieri Scalfari. Ognuno faccia quel che si può. Non per il Pd, ma per dare all’Italia un centrosinistra decente. Sarà una traversata, però. Questo mettiamocelo in testa. Specie se questi pazzi, facendo finta di opporsi, accetteranno anche la fine delle preferenze alle europee.

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