Genova città aperta

(la Repubblica Genova, 16 settembre 2008) – Ci sono immagini che parlano più dei dati statistici. E la notte bianca ne ha offerte molte. Una in particolare dovrebbe diventare un francobollo d’epoca. Quella delle infinite famiglie che percorrevano le vie di Genova verso le sette del pomeriggio munite di piccolo ombrello o giacca impermeabile o k-way. Persone di tutte le età che sono uscite di casa sapendo che la serata sarebbe stata un po’ turbolenta. Perfettamente consapevoli che un po’ di pioggia ci sarebbe stata. E che invece di chiedersi neghittose "ma chi ce lo fa fare di bagnarci?" sono uscite lo stesso. Decise ad affrontare lo scroscio di mezz’ora, o un po’ di pioggia a intermittenza. Per esserci, per partecipare, per condividere una idea di città. Aperta, vivace, allegra, socievole. E perciò più gradevole. La pioggia ha seguito il suo uzzolo diverso, come sappiamo. Ma quell’immagine resta. Come quella delle decine di migliaia di giovani che proprio sotto la pioggia testarda, tenendosi per mano o abbracciandosi anche a tre a tre sotto lo stesso ombrello, giocavano con l’acqua facendone motivo di una superiore allegria di gruppo.

Ecco. Una domanda di città diversa, che la stampa genovese ha ben colto. Questo c’è stato nella partecipazione alla notte bianca. Non si proponeva una star da vedere gratis, né Madonna né Vasco, ma una qualità di vita. Sarebbe giusto – sarebbe ora, starei per dire – che di fronte a questi messaggi cadesse il vieto luogo comune di considerare questo tipo di eventi alla stregua dei "circenses", così da contrapporli a quelli che vengono definiti i "veri bisogni sociali". Perché un conto sono le lotterie o i bingo o le donne cannone o le sfilate di miss. Altro è la qualità sociale della vita. Che è cosa infinitamente seria, su cui le amministrazioni hanno il dovere di investire. Perché le loro città siano più belle e vivibili. E anche più ricche di opportunità. Per rispondere a un bisogno avvertito prima di tutto da chi è più solo e ha meno mezzi. Ma anche da chi sa che il suo denaro non gli basterà mai per avere il piacere (impagabile, appunto) di vivere in una città socievole. In tempi di riformismi incerti sarebbe bello se la lezione dell’altra notte venisse colta fino in fondo.

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