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Pensiero fisso. Italiani bastardi. Ma non Federico
Mi accorgo (sono davvero un genio…) che fatico a tenere dietro ai giusti ritmi del Blog. Il guaio è che il treno sta diventando la mia vera casa. E che è difficile e scomodo portarsi il computer in viaggio quando hai un sacco di spostamenti in giornata. Ma è difficile soprattutto, ormai, lavorare in treno (ossia a casa), specie su alcune linee. Ti salta il cellulare, ti salta il collegamento internet. Alla faccia del cablaggio universale. L’ha scritto anche Repubblica, ma temo che non basterà. Si torna ai vecchi tempi. O leggi, o pensi, o dormi. Scrivere, poco; perché il cosiddetto materiale rotabile fa pena ed è un sobbalzo continuo.
Non vi parlerò comunque né di Genova né di Milano. Un amico blogghista mi ha scritto da Barcellona chiedendomi perché io parli sempre di queste due città e trascuri le regioni del sud, le più disgraziate. Gli ho ricordato i miei libri, che hanno il sud nel dna. Ma qualcosa di vero nella sua osservazione ci dev’essere. Così vi confesso che è da giorni che giro con in mente quell’urlo, “italiani bastardi”, che veniva dagli immigrati di Castel Volturno dopo la strage dei sei neri perpetrata dalla camorra dei casalesi. Sì, gliene abbiamo fatte veramente tante. Rifletto che siamo propri conciati male, ma male veramente, se portiamo dei clandestini a chiederci ad alta voce e con disperazione se in Italia esistano uno Stato e una legge. E rifletto pure che mi sarebbe piaciuto vedere una eguale capacità di reazione da parte dei nostri connazionali davanti ad altre stragi di camorra. Altro che ritirarsi in casa e mandare avanti gli studenti e i preti.
Ma tra qualche giorno vi darò notizia del prossimo libro di Melampo, che proprio di queste cose parla. E che ho chiesto di scrivere a Raffaele Sardo, un giornalista che se ne occupa sul campo con coraggio e bravura da più di vent’anni (al lavoro suo e dei suoi amici dedicai un ammirato capitolo di “Storie”). Ci saranno sorprese, vedrete. Il libro ci è già stato riordinato dalla Campania prima ancora di uscire.
Saluto invece con commozione vera Federico Ceratti detto Fede. L’ho saputo da pochi minuti che se n’è andato per uno “stupido incidente”. Non so ancora quale sia. Mi ha colpito, con la notizia, anche l’invito giunto dall’amico: “Avvisa, se puoi, quelli del Movimento studentesco”. Federico si è impegnato sempre nella vita. Fino ai libri, al commercio equo e solidale. Era nato alla politica con la stagione sessantottina. Noi, noi vicini ai sessanta, siamo rimasti “quelli del movimento studentesco”. Che strano. E che supplemento di malinconia. Muoiono gli eterni studenti, moiono da ex studenti, anche se seppero lavorare duro e generosamente per decenni. Lo so che la retorica è sempre in agguato. Ma forse è quello slancio, la voglia di iniziare sempre daccapo, il segreto della lunga giovinezza. Altro che gli elisir di lunga vita confezionati a gloria di B. dal prof. Scapagnini. Ciao Fede.
Nando
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