Palermo, Locri e Genova i capodanni morali di Jovanotti

(la Repubblica – Genova, 14 dicembre 2008) – 

E tre. E’ la terza volta in vita sua che Jovanotti tiene
un concerto di capodanno. Come ha ricordato lui stesso nella conferenza stampa
a Tursi, ci sono solo due precedenti: Palermo e Locri. Bastano i nomi delle
città per capire che Jovanotti si muove solo quando sono in ballo valori che
contano, diritti per i quali vale la pena battersi. Musiche, ritmi, balli in
allegria, ma sempre forniti di senso. Genova non è né Palermo né Locri. Ma è
città ferita nel senso del diritto e che si è data il compito di essere
testimone, portabandiera di diritto. E che si è messa a coltivare in qualche
luogo della sua anima l’idea che dalla fibra civile e morale possano nascere
anche nuove opportunità di crescita, nuove occasione vere di sviluppo. Che
modernità civile e modernità economica siano quasi gemelle siamesi. Che ci sia
una gamma di diritti antichi e nuovi capaci di offrire una bussola sicura alla
città che, senza nulla perdere della sua memoria, progetta e costruisce la sua
nuova identità. Jovanotti ha raccontato con la schiettezza fanciullesca che ne
ha fatto un beniamino di più generazioni di volere restituire a Genova il
concerto mai fatto nei giorni terribili del G8. E di volere sposare, al tempo
stesso, il nuovo sforzo della città di sospingere in avanti i diritti
ambientali; la sua scelta di sostenere le strategie, piccole e grandi, per
difendere il pianeta e il rispetto
dell’ambiente, ben oltre il dettato incolpevolmente minimalista della nostra
Costituzione.

Forse va ribadito. Senza una città impegnata – e credibilmente
impegnata – sui diritti, un capodanno così sarebbe stato impossibile. Non era
solo un problema di risorse. Era anche un problema di “mi fido di te” agli
occhi di un artista che come pochi, senza prendere parte alla disputa politica,
è in grado di interpretare con tanta genuinità valori e princìpi delle nuove
generazioni. Perché Genova, a pensarci, non è stata la sola grande città a
celebrare il sessantesimo della Dichiarazione universale dei diritti umani. Ma
è quella che lo ha fatto collocando l’anniversario in un progetto di lunga
lena, non per nulla aprendo e chiudendo (domani sera con la proiezione di “All Human Rights for All” al Sivori)
il ciclo nazionale delle celebrazioni.





Un
capodanno, dunque, di divertimento all’ultimo fiato – che sta già richiamando
pubblico da molte città – e al tempo stesso carico di significati. Un capodanno
di qualità, di senso, che sfugge a ogni criterio di valutazione quantitativo,
esattamente come ci sono film, libri, incontri, che riempiono, da soli, più di
quaterne o cinquine di film, di libri, di incontri. Forse è anche il caso di
dirlo (ed è del tutto in linea con la migliore cultura ambientalista): di
quantità si può scoppiare; quel che insidia e logora la società di oggi, dal
cibo al pensiero, è il deficit di qualità. Genova, attraverso la sua
amministrazione, e attraverso il Tavolo di promozione voluto con tanta forza
dal suo sindaco, aspira a collocarsi esattamente su questa frontiera. Siamo
sinceri: quale città italiana può dire che per l’ultimo dell’anno apre la
mostra di De André e porta un concerto speciale di Jovanotti in piazza? C’è in
questo una riconoscibile linea di qualità, capace di produrre nuove e diverse
quantità. Di condurre la stessa economia su nuovi territori. E’ la stessa linea
di qualità che, per la prima volta, ha portato a valorizzare sul piano
nazionale il meraviglioso patrimonio di presepi che Genova, città-presepio essa
stessa, è in grado di offrire. Una linea che unisce passato e futuro. Il resto
appare polemica spicciola. La comunicazione del capodanno con Jovanotti è
arrivata troppo tardi? Troppo tardi quando già alcune settimane fa era
stata ufficialmente confermata la presenza del principe del rap a Genova per il
31 sera? Ma si ha la più pallida idea dei tempi di reazione di imprenditori e
commercianti e pubblici operatori nelle grandi metropoli europee? Jovanotti a
Genova, lo sforzo (riuscito) di dare un grande evento ai genovesi nonostante o,
anzi, proprio per la situazione di crisi e incertezza economica, può
essere, in realtà, uno di quei “passaggi” che contribuiscono a incoraggiare lo
sviluppo di un diverso spirito pubblico. Quello spirito che molte correnti di
opinione e di cultura in città desiderano vedere sul podio dei vincitori.

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