La Restituzione. La prima volta. E la lingua italiana

E’ stato un bel Natale. All’insegna della “Restituzione”. Così l’hanno voluto i Gracchi, che mi hanno commosso. Al mattino ci siamo addensati attorno all’alberello, alla stella di Natale e a uno dei quattro presepi minori (dove il Gesù Bambino è un manufatto dell’Accademia di Bologna), e lì Dora mi ha consegnato una letterina: “arriva il tempo in cui i figli restituiscono ai genitori quel che hanno ricevuto; io so ancora perfettamente ‘la canzone del sole’”. Bello il concetto, commovente di suo, ma non riuscivo a interpretarlo. Che voleva dire? Allora lei è andata di là a prendere ciò che non poteva stare sotto l’albero senza sciuparmi la sorpresa: una chitarra. Perché circa quindici anni fa si era impadronita della mia per imparare a suonarla lei. Dopodiché la chitarra doveva essere scappata di casa perché a un certo punto non la si vide più. Bellissimo dono, e si deve pure essere spremuta, la poverina. Anche Carlo ha voluto restituire. Mi sono trovato i Cd di Bruce che nel tempo mi aveva scippato, portandoseli via quando è andato ad abitare da solo. Anzi, mi ha spiegato, all’inizio ti portavo via i vinile. Ora non li sentiresti più, invece così li puoi sentire…Dolcezze.

Come dolcezze sono gli appunti con cui sto scrupolosamente preparando le mie lezioni. Mi sembra (ma così è in effetti) di tornare indietro di tanti anni. E’da dodici infatti che non tengo un corso all’università. E sapete che cosa mi inorgoglisce, siore e siori blogghisti? Il fatto che il 7 gennaio presso la facoltà di scienze politiche dell’Università di Milano si terrà la prima lezione del primo corso di Sociologia della criminalità organizzata nella storia dell’università italiana. Ah, queste sono soddisfazioni. Al 2009 siamo arrivati per farne un campo di studio vero e proprio…Un’altra cosa mi piace, anche se non ha in sé nulla di scientifico. Che siccome le lezioni si concentreranno tra il 7 e Pasqua, e si terranno dalle 16.30 alle 18.30, i ragazzi uscendo misureranno dalla luce che troveranno fuori nel tardo pomeriggio l’arrivo della primavera. Ah, fantastico, le lezioni e il profumo di primavera…

E, visto che siamo passati al non-scientifico, confesso di avere letto ieri per la prima volta “Il piccolo principe”. Semplicemente straordinario, concentrato di amore e di saggezza che ho profanato sulle pagine con qualche sottolineatura e qualche appunto. Uno sguardo fanciullesco l’ho dato anche alla Garzantina dello Sport, curata da Claudio Ferretti e Augusto Frasca. Me la sono fatta regalare da Emilia dopo averne visto la recensione di Gianni Mura su Repubblica. Bella e ricca e interessante. Voto 6, però. Perché si gioca “nelle file” della Sampdoria o della Lazio, non “nelle fila”, “le fila” si tirano. Perché Falcao era capace di segnare, ossia di fare gol, di realizzare reti, non di “finalizzare”, visto che “finalizzare” non vuol dire “concludere”. E anche perché quando si racconta la vita di uno che non c’è più, si mette tutto al passato remoto, non si frullano presente, passato e futuro come niente. Essantocielo, anche i giornalisti sportivi hanno il dovere di scrivere in buon italiano. Esattamente come quelli dei tg, in uno dei quali ieri ho sentito dire, di un tale, che “gli è stato insignito il premio…”. Guai, però, a chi volesse approfittare di questi obbrobri per dire che il buon italiano è “un must”! A Genova, da responsabile della comunicazione, sto facendo la guerra contro questi provincialismi da scuola di direzione aziendale (“europea”, naturalmente).

Mi raccomando, infine: divulgate la lieta novella del “discorso alla nazione” su questi schermi. Appuntamento per il popolo al 31 dicembre. Con voi affezionati lettori ci sentiremo anche prima.

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