Morire di freddo. Il clochard e De André

E’ incredibile. Spero che nessun clochard muoia assiderato, scrivevo sull’ultimo post di questo Blog. E’ successo proprio l’altro ieri notte. Proprio a Genova. Proprio a un passo dalla mostra di De André.Dormiva sotto i portici del Carlo Felice (“Portico è bello” era il titolo della settimana di animazione che avevo promosso sotto Natale…). Pare che rifiutasse tutte le offerte di ricovero del Comune e della associazioni di volontariato che si prendono cura dei senzacasa. Era come se me lo sentissi. Due volte nell’ultima settimana mi ero svegliato in piena notte nella mia casa (poco) riscaldata, sotto il piumino e la seconda volta pure con un maglione addosso: brividi di freddo dappertutto, incontrollabili, per il gelo che entrava dalla finestra, la mia zona di letto essendo da quella parte. E mi domandavo che cosa potesse mai accadere ai tanti che vedo accucciati la sera sotto i giornali su panchine o rientri dei portici. Marta Vincenzi ha detto che c’è qualcosa di simbolico nel fatto che la morte sia avvenuta in concomitanza con la mostra di De André, del poeta che tante volte ha cantato i dolori e le umiliazioni degli ultimi. C’è qualcosa di vero. Quel che forse non si sa è che negli ultimi giorni il Comune aveva ricevuto diverse telefonate inferocite contro i “barboni” che dormivano sotto il portico del Carlo Felice. Telefonate non mosse dalla pietà ma dall’ indignazione per lo sfregio che la loro presenza faceva al salotto buono della città.

La mostra di De André. Mi è sembrata fantastica. Vi assicuro che vale la pena visitarla, sono ore di poesia, di nostalgia, di suggestioni ricchissime. Raffinata e, come direbbe il signor B., “tennologica”. Invenzioni iconografiche davvero geniali. E poi ci sono le cose più semplici, che a dir la verità sono quelle che mi hanno più colpito. Per esempio una lettera scritta da Fabrizio ragazzo ai genitori per chiedere scusa di qualche mancanza, che lui non percepiva evidentemente come tale ma il padre sì,  e molto. E la sua pagella al liceo, il ’68 era ancora molto di là da venire. 5 in italiano, rimandato a settembre. Ogni tanto lo diciamo per scherzo, inventandoci esempi mai provati di bocciati illustri. Qui è provato. Uno dei più grandi poeti italiani del novecento rimandato con 5 da qualche oscuro insegnante che gli avrà rimproverato di non conoscere la critica di De Sanctis sull’Ariosto o di usare una lingua poco paludata. L’ho trovato un documento eccezionale non su De Andrè ma sulla scuola. Se potete, dedicategli un pomeriggio (a De André, non al documento).

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