Si torna a lezione! Anche da Grand Hotel…

E’ la Befana, amici. Anzi, è l’Epifania che tutte le feste si porta via. Ma per me la grande festa è domani, data del mio rientro in aula dopo dodici anni di assenza per i vari mandati istituzionali. Non per tenere una lezione, perché quelle bene o male ho continuato a farle un po’ per tutta Italia, ospite nei corsi di miei colleghi; o come sottosegretario all’Università a cui si chiedeva di aprire un corso con una propria lezione. E’ il rientro per tenere un “mio” corso. Il che coincide domani – udite udite – con la prima lezione del primo corso mai fatto in Sociologia della criminalità organizzata. Mica male come ritardo, se si pensa che il parlamento (che non è un fulmine di guerra) reputò urgente fare della mafia una sua materia permanente nel 1963…Perciò sono qui a sfaccendare tra bibliografie, appunti e perfino programmi informatici per proiettare schemi e grafici. Ah, voglio che siano soddisfatti i volonterosi volontari che si presenteranno sfidando la neve…

Oggi comunque siamo ancora in piena Epifania. Mantenuta in casa l’usanza delle calze per i gracchi. E’ diventato un gioco, ormai; forse per continuare a dispetto dell’anagrafe le atmosfere di quando i virgulti erano piccini. Le vecchie calze usate e abusate si sono rese introvabili. Così ho preso un paio di calze che mi aveva comprato mia nonna al mercato per regalo quand’ero studente (250 lire). Le tengo per le grandi occasioni. Riempite di golie e biscotti e cioccolatini, contornate di cose sbarazzine e divertenti. Così, per divertirmi con Dora che tornava da Parigi, sapete che regalo le ho fatto? Ho avuto un’idea strepitosa. Ho detto al giornalaio: mi dia i rotocalchi più pettegoli che ha. Lui è andato a colpo sicuro, accumulandoli sul banco mentre io mi ci sdraiavo quasi sopra con la pancia per non farli vedere ai clienti. Così m’è caduto l’occhio su “Grand hotel” e gli ho detto: “anche quello!”. Stamattina ho ben collocato il tutto intorno alla calza e a un certo punto ho aperto per curiosità il succitato G.H. Volevo vedere se c’erano fotoromanzi. Ci sono! Ma non ridete troppo. In un fotoromanzo c’era la storia di un clandestino che salvava una ragazza da uno stupro. Lo stupratore gli diceva “muso nero” tenendo il coltello in mano, lui gli tirava un cazzotto e alla ragazza che gli chiedeva di accompagnarlo al commissariato (dove lui la invitava ad andare a fare denuncia) rispondeva: non posso, sono un clandestino. Amici, aveva ragione Gramsci sui romanzi d’appendice. Ho capito che Grand Hotel fa  più senso comune progressista di alcuni grandi quotidiani d’opinione. Lo vedete che si impara ogni giorno anche nelle situazioni più minute e spensierate, magari mentre ti prepari tu a fare le lezioni agli altri all’università? E qui mi voglio rovinare: non sarà che la sinistra dovrebbe avere più a che fare (anche) con l’Italia che legge Grand Hotel?

P.S. Qualcuno mi ha chiesto come è andato Jovanotti a capodanno a Genova. Risposta: benissimo, bravissimo e poetico, perfino un’ora più degli accordi. Presenti a mezzanotte, da me che ho visto e goduto dal palco, almeno trentamila persone (per la questura diecimila, e questa non è una battuta, il guaio è che la battuta l’ha fatta lui sulla polizia a Genova…). Ma tornerò sull’argomento. Pensate che giornali e commercianti si lamentavano che nelle ore del concerto le strade del centro storico fossero svuotate. Primo: pioveva e faceva un freddo becco. Secondo: ma se voi aveste a cinquecento metri di distanza un concerto gratis di Jovanotti e un po’ di commercianti vi avessero pubblicamente annunciato di chiudere i locali alle undici, voi dove andreste?

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