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Appello antimafia. Giudici di sorveglianza. E Pippo Pollina
Furibondo. Sissignori, anche se può non interessare nessuno sono furibondo per la facilità con cui i tribunali di sorveglianza della Repubblica continuano a revocare il carcere duro ai capimafia. Anche a quelli che hanno ucciso a raffica i migliori esponenti di questo Stato. Io credo che alcuni di questi giudici di sorveglianza non sappiano nemmeno che cosa fanno, esattamente come non lo sapevano quei giudici che (Dio non sia troppo pietoso con loro) assolvevano a grappoli i capimafia alla fine degli anni sessanta e nei primi anni settanta, regalando a tutti noi una storia molto diversa da quella che sarebbe potuta essere. Credo pure che altri di questi giudici abbiano una paura fottuta di non concedere la revoca richiesta, dal momento che si trovano (soli) a tu per tu con il boss, lontani dai riflettori che in genere illuminano i tribunali dando un po’ di protezione a chi vi deve prendere delle decisioni. E infine penso che qualcun altro ancora faccia il furbo e approfitti proprio della assenza di riflettori per agire nell’ombra e farsi qualche suo comodo, non dico per “arrotondare”.
Io ricordo bene come passò il 41 bis in parlamento. Le facce terree e inorridite dopo le stragi, la sensazione che si dovesse fare qualcosa, e che le prime cose che si dovevano fare fossero quelle sollecitate da Falcone e Borsellino. Ora una manciata di giudici di sorveglianza sta regalando alla mafia quel che la mafia chiede a gran voce da anni. Tornare a comandare dal carcere. Il ministro della Giustizia interverrà, prima di pensare alle famose e grottesche “riforme della giustizia”? Come non capire che il cuore della giustizia se lo stanno “riformando”, quatti quatti, questi giudici?
Da qui l’appello antimafia che troverete fra qualche ora qui accanto, cliccando sulla mia tivù. Da qui la scelta, anche, perché pure queste cose servono, di andare martedì prossimo sera a presentare il concerto di Pippo Pollina a Genova al teatro Modena (Sampierdarena). A Pippo, cantautore antimafioso di razza, dolce e irruento, fuggito dalla sua Sicilia negli anni ottanta dopo il primo ciclo dei grandi delitti e andato a trovare il successo in Svizzera e Germania, ho dedicato un capitolo di “Storie eretiche di cittadini per bene”. Non era nel piano del libro. Nemmeno lo conoscevo. Mi bastò sentirlo suonare una sera a Roma e poi prenderci una birra insieme, per decidere che dovevo raccontarlo. La sua musica diventi cultura diffusa. La sua rabbia genuina contro le ipocrisie e le violenze mafiose diventino rabbia di chi vuole vivere con la schiena diritta.
Comunicato di servizio per gli amici: le lezioni vanno bene. Io tiro fuori schemini e idee, lavoro e mi diverto. Gli studenti sono più che raddoppiati, ho dovuto chiedere un’aula più grande per non vederli prendere appunti seduti a terra. Alcuni di loro mi sembra che abbiano già un’informazione molto avanzata. Da lunedì prossimo aula nuova.
Nando
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