Questo sito non utilizza alcun cookie di profilazione. Sono utilizzati cookie di terze parti per il monitoraggio degli accessi e la visualizzazione di video. Per saperne di più e leggere come disabilitarne l'uso, consulta l'informativa estesa sull'uso dei cookie.AccettoLeggi di più
Farà primavera. Con pochi intellettuali
Ora sì che c’è profumo di primavera. E di quello buono. Oggi passando per i parchi di Milano (magari essendo una delle centinaia di persone che andavano a votare alle “consultive” del piddì per le candidature alle provinciali…) era bellissimo vedere maree di giovani seduti o sdraiati sull’erba, a coppia o in cerchio, prendersi il sole: amoreggiando, ridendo, leggendo un libro. Il profumo della primavera esiste sul serio. E tra non troppo tempo avrà la sua traduzione sociale. Abbiate fiducia. Io continuo ad accumulare segni buoni. Giovedì a scienze politiche c’era un convegno sull’acqua, organizzato dall’indomito Emilio Molinari (largo ai vecchi…). Ho dato la mia adesione per fare un piacere a Emilio, che merita questo e altro. Ma pensavo che sarebbero venuti al massimo una ventina di smandrappati più cinque tecnici della materia. Tutto sbagliato, con mia sorpresa crescente continuava a venire gente finché l’aula si è riempita, centinaia di persone. Ieri a Cesano Boscone ho presentato “Le Ribelli” con Laura Bertolé Viale, grande giudice anche in uno dei processi Berlusconi. Tantissime donne e visi così emozionati da mettere i brividi addosso. E vorrò vedere la fiumana di gente sabato a Napoli con Libera. Al contrario segnali di svuotamento e abbandono in tutti i dibattiti di partito. Che penso? Quel che ho detto oggi a un amico. Che in Italia, anche a stare bassi, c’è un terzo di popolo di sinistra. Alla fine, come ogni fiume, troverà come scorrere (anche) in politica; si scaverà il suo letto da sé, se il letto predisposto continuerà a bloccarlo o a farlo tornare indietro.
Però, ammettiamolo, anche la società civile non deve stare troppo bene. Non so gli amici blogghisti, ma a me mi ha sconvolto questo scandalo del premio Grinzane Cavour. Poca roba, d’accordo, rispetto a ciò che accade ai piani più alti del Paese. Ma questa storia che un premio letterario fosse diventato una manna, come si dice ora, per centinaia di intellettuali, di professori universitari, di politici, che mettesse insieme decine e decine di appuntamenti pantagruelici, in Italia e all’estero, da venticinque anni, davvero mi lascia il fiato mozzo. Centinaia e centinaia ogni anno. E a me neanche un invito? Mai, in venticinque anni? Neanche negli anni in cui ho venduto decine di migliaia di copie di libri? Perché non ci sono mai passato vicino nemmeno un po’? Attenzione, non è invidia. Mi sto, invece, chiedendo altro: non è che quelli che “non” vanno bene li riconoscono a naso? Mentre invece centinaia e centinaia (migliaia negli anni) sono andati molto bene? E dunque -ecco che arrivo alla domanda- qual è il “vero” tenore civile medio degli intellettuali italiani? Qui, in fondo, sta la risposta a tanti perché, di tanti silenzi, di tante codardie illuminate. Pecunia non olet. Si chiamano sintonie…
Nando
Next ArticleIl racconto di Prodi. E zibaldoni a manetta