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E nessuno fa niente. Cronache di bùbbole e di vita vera
Eccomi qui. Nel frattempo è passata una settimana e i blogghisti sono giustamente insoddisfatti della mia disciplina. Chili di cenere sul capo. Ho avuto davvero una quantità infinita di impegni. Giovedì, per esempio, ho battuto il mio record personale (che era di quattro): sono stato in cinque regioni diverse d’Italia, fra trasmissioni televisive, presentazioni di libri e appuntamenti “di movimento”. Viste molte belle cose. Perciò ho deciso nel frattempo di dichiarare guerra personale a una frase cialtrona, forse la più cialtrona delle frasi circolanti a sinistra: “E nessuno fa niente”. Ma l’avete notato? Non c’è quasi più un dibattito di denuncia, un incontro su temi “sensibili”, in cui non si trovi un oratore il quale, dopo avere deprecato un fatto grave, non dica “e nessuno fa niente”, o “e nessuno ha detto niente”. La gente fa segno di sì con la testa e poi applaude: lui (o lei), il liberatore, l’angelo vendicatore, l’unico che faccia o dica qualcosa. Alla Fiera del libro di Torino (a proposito: benissimo per Melampo con il suo nuovo libro di Caselli, “Le due guerre”) mi è addirittura toccato di sentire dire: “avete notato che non si parla più di mafia? non ne parla nessuno”. Applausi.
Eh no, amici, ora proprio basta. Mentre la persona in questione faceva la sua vibrante denuncia, ci saranno state in tutta Italia almeno cento iniziative sulla mafia; esattamente in quel minuto di gloria, intendo. Basta a giocare agli eroi solitari. Spieghiamo magari (è meno utile a noi, ma è più utile alla causa) che l’Italia non è la bolla virtuale costruita intorno a B. E che ci sono un sacco di energie che si muovono.
Io ho in mente, per capirsi, solo negli ultimi due giorni due bellissime cose. Il seminario che ho chiuso all’università di Bologna, venerdì pomeriggio, con un centinaio di studenti di Stefania Pellegrini che seguivano il racconto di venticinque anni di antimafia con gli occhi luminosi. Giovanissimi con voglia di sapere, di non farsi narcotizzare dai tempi. La seconda cosa l’ho vista ieri mattina, in chiusura di un evento settimanale: le giornate milanesi contro la mafia (per l’anniversario di Falcone) organizzate da associazioni sorte da poco e dunque non obbligate a ripetere propri riti e convenzioni. All’Arco della Pace, luogo notturno della movida milanese, sotto un sole cocente ho tenuto una lezione: mi avevano chiesto di illustrare una sorta di decalogo del cittadino per lottare contro la mafia. E decalogo è stato. Davanti a me, sugli scalini di un cenno di anfiteatro, quasi cento persone. Sembrava un eroico comizio in un paesino assolato siciliano. Ma forse proprio per questo mi è piaciuto, mi ha fatto sentire vivo. I presenti annotavano. Spero di potervelo mettere in rete qui sopra grazie al mago Riccardo. A guidare l’inusuale assemblea all’aperto era Asli, una ragazza (credo) somala, già una ragazza somala a dirigere (con i suoi tanti amici) la lotta alla mafia a Milano. Cambiano i tempi. In collegamento telefonico si teneva un’altra pubblica assemblea a Reggio Calabria. E la sera al liceo Beccaria Gianni Barbacetto, Giuliano Cavalli e Gaetano Liguori avrebbero fatto uno spettacolo teatrale contro la mafia. Davvero E-nessuno-fa-niente-applausi?
Nando
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