CHI HA PAURA DELLE PREFERENZE? Il Pd, l’assemblea e le liste bloccate

(l’Unità, 9 luglio 2009) – D’accordo, d’accordo. Stavolta le primarie saranno una
cosa più seria, senza vincitore designato né ticket al seguito. E’ un successo
dei tempi che non va sottovalutato. Ma le liste bloccate per l’assemblea
nazionale, quelle introdotte nel costume politico italiano da Calderoli e dalla
sua “porcata”, perché devono ancora scolpire vita e immagine del Partito
democratico? Non facciamo gli struzzi. Le regole che un partito segue al
proprio interno sono la più fedele sintesi dell’idea di società, di democrazia e
di Stato che esso ha in mente. Dicono se, per esempio, intende (o no) garantire
ai rappresentati la facoltà di scegliersi i propri rappresentanti in base a un
giudizio – sempre fallibile, si intende – su capacità, meriti, e prestigio personali. La lista bloccata dice
l’opposto. E’ la nomina dall’alto, la pratica impossibilità di scelta,
l’insignificanza delle storie personali, il primato della fedeltà verso chi
decide l’ordine di lista. Non per nulla da quando Calderoli le ha introdotte, il
parlamento ha cambiato pelle. E’ più che raddoppiato il numero dei funzionari
di partito, si sono moltiplicate veline e segretari di leader e minileader, è
stato il trionfo di personaggi che mai, con l’uninominale, sarebbero stati
presentati in un collegio appena incerto.



E’ questa la ragione che nella scorsa Direzione del
partito ha indotto il sottoscritto a presentare la proposta di introdurre le
preferenze nella formazione dell’Assemblea nazionale (due preferenze, una per
ciascun genere). Emendamento sottoscritto da alcuni “coraggiosi” (qui sì!) come
Gawronski, Sofri, Marzocchi, Bachelet, Bertolino, Simonini,  e votato da poco più del 10 per cento della
Direzione. Stupisce che una simile questione sia passata sotto silenzio. Perché
per me il fatto che quasi il 90 per cento della Direzione del Partito
democratico, che ogni giorno stigmatizza “questa pessima legge elettorale che
bisogna cambiare a l più presto”, abbia votato per le liste bloccate, è una
notizia. Ed è un campanello d’allarme. Il voto, infatti, non è nato solo da quel
misto di disciplina di partito e interiorizzazione culturale che sempre pesa in
questi casi. Ma anche da un altro fatto, più inquietante. Ed è che si è formato
negli ultimi anni un ampio ceto politico che non si è mai sottomesso a una
prova elettorale. Composto da persone giunte in parlamento e ai vertici di
partito senza mai essere passati per una votazione. E perciò geneticamente ostili
alla sola idea della “preferenza”. Pensare che questo non sia un tema è un
tragico errore. Per chi vuole essere credibile quando parla di merito, di
talenti e di mercato. Per chi, nella disaffezione che mangia voti alla
sinistra, vorrebbe avvicinare i cittadini alla politica.

Leave a Reply

Next ArticleAmbrosoli. Lady Blair. E il testamento biologico a Genova