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Ecco che cosa voglio da Bersani (e mica solo da lui)
E finalmente faccio il mio outing: appoggerò Bersani. Perché mi sembra il più solido di tutti. Non guardo gli sponsor dell’uno o dell’altro: tra D’Alema, Bettini e Marini è una lotta mica male. Ecco dunque a voi in anteprima mediatica mondiale il testo dell’intervento che ho fatto giovedì 16 scorso a Roma, all’incontro promosso dalla Bindi con Bersani. Era da 31 anni (secondo congresso del Movimento Lavoratori per il Socialismo…) che non facevo un intervento scritto. Ma quando mi han detto che ognuno avrebbe avuto a disposizione solo cinque minuti, ho pensato che dovevo riuscire lo stesso a dire a Bersani tutto quello che mi premeva. E ho messo giù un testo. Telchì il risultato.
“Recentemente ho passato tre giorni con centinaia di persone, in gran parte giovani, a loro volta rappresentanti di decine di migliaia di persone. Per parlare di mafia e di camorra, di traffici di umani e nuove schiavitù, di droga e riciclaggio, di vittime e giustizia, di informazione negata e magistrati sotto tiro, di politica indifferente o complice e di economia malavitosa, di modelli culturali di massa e corruzione, di violenza diffusa e criminalità minorile, di aggressione all’ambiente e mafie straniere. Un menu ricco; straordinariamente ricco, purtroppo. Gravido di problemi che investono direttamente la democrazia e il potere, il modello di sviluppo e i diritti dei cittadini. Problemi che toccano direttamente milioni di persone e ne interessano per sensibilità civile altri milioni. Ne abbiamo parlato per elaborare strategie, compiti di ciascuno.
Abbiamo pensato tutti, con amarezza ma non con rassegnazione, che di questi temi non vi è praticamente traccia alcuna nel discorso pubblico dei partiti, e tanto meno nelle loro più intime preoccupazioni. Abbiamo verificato tutti, e io verifico con disagio ancora maggiore, che questi temi non hanno spazio nemmeno nelle cose scritte e dette in queste prime settimane di dibattito interno al Partito democratico. Eppure sono temi che possono portare, come è accaduto lo scorso 21 marzo, 150.000 persone a Napoli da tutta Italia, temi che mobilitano quei giovani che non sono quasi mai nelle nostre assemblee, temi che toccano il cuore dello Stato, della nostra storia civile. Ma che proprio non scaldano, non conquistano, non suscitano le energie della politica.
La mia domanda è, ed è da troppo tempo: perché. Perché non siamo sensibili, perché abbiamo sempre altre priorità, perché pensiamo (quando lo pensiamo) che siano gatte da pelare da riservare a un pugno di magistrati o a qualche giornalista, con cui magari solidarizzare; perché questi temi sono così ostici alla nostra cultura. Perché coltiviamo il pregiudizio (che già sarebbe un alibi mortale) che tutto sommato essi riguardano solo il sud, senza vedere che la Lombardia è aggredita dalla ‘Ndrangheta, che il consiglio comunale di Milano, caso assolutamente senza precedenti, dopo un lungo anno di dibattito ha istituito una commissione antimafia e un mese dopo l’ha precipitosamente annullata. Perché stiamo zitti davanti alla notizia clamorosa, sconvolgente, che a suo tempo Totò Riina avrebbe preteso da Berlusconi l’uso, per Cosa Nostra, di una sua rete televisiva. Insomma: perché giriamo alla larga dal vulcano, vorrei capire.
Io credo che se la politica non si fa carico delle contrapposizioni più radicali, democrazia/violenza, libertà/dipendenza, diritto/illegalità, diventa cosa inutile, incapace di misurare progetti, valori e coraggio delle persone e dei leader. Questa non è materia da campagne elettorali (comunque sempre molto titubanti o contraddittorie in argomento) né materia da assegnare a pochi candidati simbolici nelle residue prove in cui si debbano raccogliere consensi personali. Questi, come la guerra e la pace, il lavoro e la disperazione dei senza lavoro, l’istruzione e l’ignoranza, l’innovazione e la premodernità dei servizi, sono il cuore della politica.
Io sogno un Partito democratico che proclami oggi di volersi mettere, come partito, alla testa delle battaglie imposte da quelle radicali contrapposizioni. Non un partito di volta in volta indifferente, timido, opportunista o irresponsabile. Come presidente onorario di Libera è un appello per un impegno più alto che rivolgo doverosamente a tutti e tre i candidati alla segreteria, e anzi a tutti i partiti. Come militante civile e politico dei movimenti che da decenni si battono su questi temi, come Nando dalla Chiesa, lo chiedo in particolare al candidato che, per molte ragioni e valutazioni sulla sua persona, ho deciso di appoggiare. Che la politica, questa grande foto di gruppo che ci ritrae tutti, viva quasi una situazione di preagonia lo vediamo se solo teniamo gli occhi aperti. Le occorre una scossa. A noi occorre la scossa. Per sapere dare fiducia alla gente con grandi svolte di temi e di linguaggi. Il mio appoggio di “democratico davvero” ha dunque un obiettivo: stare in un partito che non sia un ente inutile per ciò che mi sta più a cuore. Stare in un partito che serva al Paese e alla sua parte migliore. Con questa grande preoccupazione e questa grande richiesta ti sostengo, Pierluigi.”
Nando
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