Vi racconto Massimo Ciancimino (e Pecorella)

Dice: e come è andata, pigro blogghista che non sei altro, la trasmissione a Telelombardia con Massimo Ciancimino? Fino a venerdì ci devi fare aspettare? Giusto. Vi dirò dunque che Massimo Ciancimino mi ha fatto una buona impressione. Molto consapevole della sua identità, di erede di un nome marchiato per sempre da quel che è stato. Gratificato -l’ho capito dal sorriso con cui ha accolto il mio ingresso in studio- dal fatto che io avessi accettato di esserci. Molto prudente, giustamente prudente, nell’aprirsi in pubblico. Schierato a catenaccio in difesa di quel che sa e di quel che sta dicendo ai magistrati, che solo lui conosce. Anzi, sono rimasto sbalordito da qualche domanda che gli è stata rivolta, perché la risposta (specie una certa risposta) avrebbe significato esporlo ancora di più al pericolo, che già non è piccolo affatto e ho voluto ribadirglielo. Di là stava il figlio del politico più di ogni altro vicino ai corleonesi assetati di sangue, di qua il figlio di una delle loro vittime più celebri (inutile dirvi che una parte del pubblico alla fine avrebbe voluto farsi fotografare indifferentemente con lui o con me o addirittura insieme, ragion per cui sono andato via quasi di corsa). Scene inimmaginabili un tempo. Almeno finché il figlio di Vito Ciancimino, condannato in primo grado per riciclaggio, ha deciso un giorno di mettere a verbale quello che sa. E, tra quello che sa, due cose ha tirato fuori che dovete sapere anche voi. La prima è che Provenzano andava spesso a casa di Ciancimino a Roma. L’uomo politico era agli arresti domiciliari, in un luogo fisico ben identificabile. E Provenzano il latitante imprendibile andava a trovarlo. Possibile che, sapendo i legami tra “don Vito” e la Cupola, nessuno avesse deciso di porre sotto sorveglianza la casa in cui c’era il politico mafioso agli arresti domiciliari? Il superlatitante arrivava, suonava il campanello, si presentava come l’ingegner Lo Verde, discuteva i suoi affari con Ciancimino e se ne andava come un pascià. Da rodersi il fegato, o no? 

La seconda cosa è che Vito Ciancimino commentò così con il figlio la notizia della strage di via D’Amelio: “un po’ mi sento in colpa”. Voleva dire “solo” che, in quanto complice dei corleonesi, si sentiva in colpa per quella mattanza senza fine, oppure voleva dire anche e soprattutto che si sentiva in colpa di avere avviato la trattativa, creando la situazione dalla quale verosimilmente Borsellino, con il suo disaccordo, finì stritolato? Quel pezzo di storia va ancora scritto, alla faccia dei distributori di sonniferi che da anni dichiarano trionfanti che non esiste una storia segreta e parallela; e spiegano che tale storia segreta sarebbe un’invenzione della sinistra, incapace di accettare le proprie sconfitte politiche come esito ordinario di un normale confronto democratico (un po’ di verità c’è, in questa tesi, ma c’è molto più di oppio culturale).

Infine, più che Ciancimino poté Pecorella. Il quale era presente, ha difeso Dell’Utri, ma soprattutto, a telecamere spente, avendo evidentemente qualche difficoltà a spiegare a un giovane intervenuto perché egli avesse difeso, da presidente della commissione Giustizia, l’assassino di don Peppino Diana, ha affermato in un intervallo: “ma poi lo sapete chi era questo Peppino Diana? Era uno che custodiva le armi della mafia”. Lì, giuro, mi sono sentito ribollire il sangue e gli ho detto, perdendo un po’ di aplomb, “difendi pure Dell’Utri ma non infangare le vittime della camorra”. Risposta: “hai letto gli atti giudiziari?”. Già, come se fosse così raro trovare qualcuno che diffama e lascia scritte cose da pazzi negli atti giudiziari. Su Fava, su Chinnici, su dalla Chiesa (ricordate Incandela?), su Rostagno…Poi però si è rifiutato di ripetere la cosa alla telecamerina di due giovani “grillini” (immagino) che l’hanno aspettato fuori e ci è quasi venuto alle mani. La bella politica, un paese normale…quante fesserie finché non si impugnerà la spada contro le complicità culturali dei salotti e delle aule, parlamentari, universitarie e giudiziarie…

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