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Stazioni in guerra, stazioni in pace
2 agosto. Nei commenti al post precedente un paio di blogghisti sono già intervenuti. Per ricordare. Per ridare senso storico e umano a una data incancellabile. A una strage, forse l’unica delle tante stragi italiane, senza apparente razionalità (per quanto ripugnante razionalità) politica. Condivido al cento per cento il testo dei familiari sulla certezza della pena in Italia. Grazie Paoletta per avercelo comunicato.
Mi accingo ad andare alla volta di Pegognaga, provincia di Mantova, a fare un aperitivo sul tema “Album di famiglia”. Si aperitivizza ovunque, l’Italia è una Repubblica fondata sull’aperitivo, ma sempre meglio che le buffonerie di Palazzo. E poi agli aperitivi c’è sempre il caso che si riesca a sorridere e a conoscere gente simpatica, dipende da dove si fanno e da chi li fa. Stavolta ho buone speranze: Enrica organizza con ottima passione civile e ha pure pensierini gentili. Infatti ha indovinato il mio innocente, infantile (e mai dichiarato) desiderio di dormire a Brescello, il leggendario paese di Peppone e don Camillo.
In questo mio andirivieni tra stazioni ferroviarie, ho scoperto con sconcerto che la stazione centrale di Milano è stata progettata contro la presenza di barboni e immigrati molesti. Così l’altro giorno mentre aspettavo in un’ora di passaggio il magnifico Lillo, mi sono accorto che non c’era uno, dico un posto, dove sedermi. Né una panchina, né un tavolino di bar, né un masso trasformato (succede…) in arredo urbano. E nemmeno un telefono. Così mentre attendevo in piedi appoggiato a una vetrina (quelle ci sono), ho visto uno di fronte a me, apparentemente non italiano, che stava appoggiato pure lui a un muro con due valigioni accanto. A un certo punto è venuto verso di me e mi ha detto: devo fare una telefonata, qui non c’è un telefono. Era un sudamericano. A me è venuto di dire “e io che c’entro?”. Ma non l’ho detto. Mi è venuto più naturale pensare di fargli fare la chiamata dal mio telefono. Ma mi sono anche chiesto: e se scappa con il telefonino? Allora gli ho fatto la chiamata io. Lui ha capito ma ha apprezzato lo stesso. Ho detto “sono un amico di Pedro, guardi che sta aspettando qui alla stazione”. L’altro ha detto “arrivo fra dieci minuti”. Si erano messi d’accordo due giorni prima, al momento della partenza dal Brasile. Domanda: come si fa a comunicare se non si obbedisce all’obbligo severissimo di avere il cellulare? Fatto sta che dopo cinque minuti Pedro è tornato verso di me tutto sorridente e mi ha regalato un ciondolo brasiliano. Stupendo.
Come stupendo è stato sentire l’altro giorno sul tram la domanda di un bambino di colore scurissimo. Vedendo uno che scendeva dalla porta posteriore, ha chiesto scandalizzato alla mamma: “ma non c’è scritto vietato scendere?”. Eh già, bisogna che osservino le leggi di casa nostra…
Stupendo ancora il libro del mitico Orioles. Ne ho avuto il primo esemplare in mano ieri sera (uscirà a fine agosto-primi di settembre). Infine: ho firmato il contratto con il comune di Genova anche per il prossimo anno. Allegria. E ora, forza, andiamo a trovare le zanzare in val Padana.
Nando
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