Riflessioni postume su Pecorella. Motivi di speranza

 L’imbarazzo di Pecorella (articolo pubblicato sull’Unità del 5 agosto)

 

Io c’ero. Vicino all’onorevole Gaetano Pecorella, intendo, mentre spiegava a Telelombardia chi fosse “in realtà” don Peppe Diana. E avendo seguito parola per parola quel che è accaduto, mi sono fatto una mia idea su quell’ ingiuria alla memoria verso il sacerdote anticamorra. Un’idea leggermente ma significativamente diversa da quella che si è fatta strada sui giornali. Più psicanalitica che politica. Ma alla fine (proprio per questo) doppiamente politica. Pecorella infatti è stato messo una prima volta sulla difensiva dalla domanda di un giovane. Il quale, parlandosi di Vito Ciancimino (c’era in studio il figlio Massimo), ha tirato in ballo il senatore Dell’Utri, chiedendo all’avvocato come potesse stare in parlamento nello stesso partito con un condannato per mafia. Pecorella ha risposto un po’ infastidito che Dell’Utri in parlamento ci è stato mandato dagli elettori; non sapendo però replicare all’obiezione che nelle ultime due elezioni con liste bloccate è stato il partito a spedircelo direttamente. Quando un altro giovane gli ha chiesto perché, mentre era presidente della commissione giustizia della camera e avvocato del capo del governo, avesse difeso anche il mandante dell’assassinio di don Diana, Pecorella si è ancor più infastidito e ha replicato: io sono un avvocato e quindi per mestiere difendo gli imputati; e il fatto di difendere Berlusconi non mi vieta di difendere altre persone.

Ma, attenzione, esattamente lì è sbottato: e poi lo sapete chi era questo don Diana? Era uno che custodiva le armi della mafia. Un tipico, meraviglioso meccanismo psicanalitico. L’effetto di un senso di disagio (non oserò dire di colpa) davanti al doppio rimprovero. Soprattutto davanti al secondo: aver messo la propria alta carica istituzionale al servizio di un boss camorrista, sia pure da avvocato, laddove ogni boss con i suoi soldi di avvocati ne trova quanti ne vuole. Da lì l’istinto di trasferire subito la colpa sulla vittima. La quale, ve lo dico io che conosco gli atti processuali, era della stessa pasta del boss. Conclusione: moralmente non mi sono schierato da nessuna parte. E’ possibile che Pecorella ignori la storia del movimento antimafia e di don Diana (d’altronde il 19 marzo scorso a Casal di Principe a ricordarlo c’era un solo parlamentare…). E questo va a sua colpa. Quello che invece, nonostante tutto, dà speranza è che con quel che la destra ha fatto in questi anni in materia di diritto e di morale un suo esponente di spicco provi ancora imbarazzo a rispondere di certe scelte. Facendo un clamoroso autogol, è vero. Ma cercando di mandare la palla in corner. Vuol dire che gli omicidi di mafia e di camorra in area di rigore continuano a scottare.

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