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Di tutto un po’, dalle vacanze ma non solo. Bimbi come jazzisti e ragazzini sapienti (per fortuna)
Udite udite, ho incominciato le vacanze. Che saranno operose come sempre, ma sono a ogni effetto vacanze. Ossia: vita altrove, il mare ben disteso davanti (o intorno), bagno libero nelle ore più belle, cieli non inquinati, letture dettate dall’ispirazione e non dalla contingenza, eccetera. Non ho nemmeno nostalgia della musica, perché altri sono i rumori o i fruscii che voglio sentire. Anzi, sono così in vacanza che ieri sera dopo decenni mi sono visto un fantastico western su Raidue facendo pure il tifo per i buoni. Sono da mia sorella Simona in Calabria, come qualche amico più stretto avrà capito, visto che a Stromboli la tivù non esiste proprio. Non a casa sua di lei, perché la poverina è stipata di discendenti e affini (Guido, il cane lupo “impuro”), tra i quali brilla Julio Carlos, il bimbo di colore, ma proprio di colore, che ha gli occhi grandi come un jazzista di New Orleans.
Ho finito l’altra sera il tour in Val d’Aosta con “Album di famiglia”, organizzato da Italo Cossavella, grande libraio di Ivrea e intraprendente alleato delle amministrazioni-biblioteche locali. E’ andato proprio bene, in queste occasioni riincontri amici milanesi o di altre città che non vedevi da tempo, ti prendi tanti altri inviti ad andare a parlare per l’Italia, ti misuri con pubblici imprevedibili. Qui per esempio c’erano diversi ragazzini, anche a farsi firmare il libro. Una sui dodici mi ha detto “E’ stato bello, non ho capito tutto, ma mi è piaciuto”. Un altro dalla faccia vispa con gli occhiali, mentre gli mettevo la firma, ha commentato invece lo show capitato durante la serata. Una signora mi aveva chiesto infatti dalla prima fila: “lei che ci tiene tanto alla sua identità, che cosa ne dice dei musulmani portati da Rifondazione comunista e dai centri sociali a pregare davanti al Duomo? Dove finirà la nostra identità?”. E siccome io avevo prima raccontato della mia identità religiosa (il presepe…) e poi avevo aggiunto che naturalmente rispetto le credenze di tutti, se ne era andata platealmente accusandomi di non rispondere alle domande. Commento del ragazzino (sui dodici-tredici anche lui): mah, io a volte gli adulti proprio non li capisco. Stupendo. Averne (come il ragazzino, non come la signora).
Meno stupendo sta diventando l’italiano del Corriere. Beccato in cronaca sportiva un “finalizzare il contratto” per dire “concludere” (in galera, in galera!) e soprattutto beccata in prima pagina “una graticola di pugni”, che voleva forse essere “gragnuola”. Ero incredulo. Ho pensato “è stato un errore di chi ha fatto la sintesi per la prima pagina all’ultimo minuto, l’articolo dentro sarà diverso”. Macché: “graticola di pugni” anche lì. Stiamo freschi. Mia madre leggeva la terza del Corriere come fosse vangelo. Ferruccio De Bortoli è uomo colto e sa reclutare i giornalisti. A lui affido fiducioso il compito di ristabilire i diritti dell’italiano nel più classico quotidiano nazionale.
E infine, consiglio per gli acquisti. Sto leggendo “La civiltà olandese del Seicento” di Johan Huizinga, circa 110 pagine Einaudi, vecchie lezioni degli anni trenta. Me ne avevano parlato bene, ma non abbastanza. Ci vorrebbe un affresco così del nostro Novecento. E visto che parliamo di libri, lo vogliamo dire o no che Caselli (“Le due guerre”, Melampo) è tornato in classifica? Adelante, amigos.
Nando
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