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Cassa mon amour. Se la Lega ci ripensa (scritto da me medesimo per l’Unità del 13 agosto)
La Lega è viva, la Lega è morta. Il contrario del romantico Pablo della canzone di De Gregori. La Lega di governo e di potere si è ammazzata da sola. Era sorta per denunciare le ruberie, gli sprechi e i clientelismi che da sud zavorravano lo sviluppo del nord. I concorsi vinti sui posti pubblici del nord grazie alle raccomandazioni nei ministeri romani, nelle quali il ceto politico “sudista” era insuperabile maestro (da qui le campagne contro gli impiegati che venivano dal meridione). La spesa pubblica per cattedrali nel deserto e imprese assistite che aumentava la pressione fiscale fino a renderla intollerabile per le piccole imprese padane. Il tutto raffigurato con plasticità ruspante nei primi manifesti degli anni ottanta: il nord in veste di gallina dalle uova d’oro e gli slogan sui lombardi costretti a lavorare (per gli altri) e a tacere. Un perfetto rovesciamento della direzione dello sfruttamento: non da sud verso nord, secondo tutti gli schemi meridionalisti, ma da nord verso sud.
Dura, energica, dissacrante, questa propaganda elettorale ebbe un successo inaspettato. Sembrò a molti -e per certi aspetti era effettivamente così- che denunciasse una ipocrisia meridionalistica tanto più pervasiva nell’Italia delle correnti e delle satrapie di partito. Per questo molti non vollero vedere la carica razzista di cui si imbeveva quasi sempre la polemica. Poi la ragione sociale del partito si è allargata, secondo le opportunità del momento: la lotta agli immigrati, l’identità cristiana da difendere contro i musulmani e anche contro certi cardinali, l’investimento sulla paura e sulle ronde. Ma un fatto è certo. Vedere che la Lega è arrivata all’apice del potere, a essere vera arbitra delle cose di governo, per fare tornare in vita, come Gesù con Lazzaro, la Cassa del Mezzogiorno, ha qualcosa di surreale e di tragicamente comico. La più potente fonte di clientelismo meridionale, la storica negazione della parabola dei meriti e dei talenti torna sui nostri schermi grazie al partito che quasi trent’anni fa iniziò a battere bocciofile e osterie lombarde con l’obiettivo di farla sparire per sempre, lei con tutte le sue possibili sorelle. Con una differenza. Che allora c’era la Cassa e c’era la solidarietà nazionale. Bisognava abolire la prima e rendere più efficiente la seconda. E’ avvenuto il contrario. Torna il simbolo del clientelismo, con tutte le peggiori premesse politiche, mentre la solidarietà saluta tra dialetti e gabbie salariali. I produttori del nord e del sud -messi uno contro l’altro- saranno le galline dalle uova d’oro per i nuovi padroni della spesa, uniti dal cemento del potere. Gli sprechi faraonici e il carico fiscale sono argomenti del passato. Era tutto uno scherzo.
Nando
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