E dopo la sambuca venne Stromboli

Ed eccoci a Stromboli!! Non dirò “finalmente”, però. Perché sullo Jonio ho passato sei giorni davvero deliziosi. Soprattutto (mia sorella Simona, giovane nonna, non si offenderà) grazie a quel pargoletto di colore che corre sulla sabbia mulinando i gomiti di lato come un frillino. E che se ti dice frasi incomprensibili con il ciuccino in bocca, e tu glielo togli per il dubbio di non afferrare una cosa importante, lui allora ti sillaba con la massima naturalezza un incredibile “ok baby”. Giorni deliziosi anche, ultima ragione,  perché davanti alle tinte di cielo del dopo-tramonto ho riscoperto il piacere della sambuca, con molto ghiaccio dentro per cortesia. Va bene anche il bicchierino di carta, che in altri contesti sarebbe insulto per ogni goccio d’alcol. L’importante è il ghiaccio. La sambuca…ricordi lontani che affondano nell’infanzia, con il venditore di sambuca e ramazzotti che girava con la sua cassetta a tracolla per le gradinate di San Siro e un derby di marzo ci stavo pure litigando perché arringava  sulla (molto dubbia) validità di un gol del Milan. A Sellia Marina ho bevuto il mio bicchierino per assistere ad altri, più piacevoli derby: partite di pallavolo tra squadre miste di giovani villeggianti. Un incanto, lo giuro, e senza neppure farmi la tessera del tifoso. 

Stromboli, dunque. Silenzio, nei dedali bassi e bianchi di Piscità. Stelle che si moltiplicano ed esplodono silenziosamente pure loro su tutta la volta, approfittando dell’assenza della luna. Siamo arrivati ieri pomeriggio, pronti laicamente (ma perché mi correggi “laidamente”, clericale d’un computer portatile?) a rimpiangere lo Jonio. Aspettativa subito rafforzata dalla notizia che qui hanno aperto una discoteca giù al porto. E invece si vede che la discoteca -ma per ora faccio ancora gli scongiuri- agisce da catalizzatore di rumori sguaiati e vespe e moto abusive, che a Stromboli sono sempre di più e sempre più impunite. Sicché il resto dell’isola viene quasi automaticamente svuotato degli spetazzamenti motorizzati e dai clamori e si fa ancora più raccolto, ancora più magico. Quasi si fosse avverato quello che il mio Gracco maggiore auspica sempre come suprema utopia civile: che un giorno il mondo si divida in due, di qua quelli che la pensano in un modo, di là quelli che la pensano nell’altro, tutti e due gli insiemi felici di vivere secondo istinto e cultura. Fatto sta che nel silenzio e sotto le stelle ho condotto ieri la biondina (Emilia) a cenare dove mi è più grato, alle “Terrazze di Eolo”, che secondo me, pur non avendo pretese da grandeur, né nella semantica dei menù né nei prezzi, è davvero il meglio dell’isola. Ah, il raccoglimento da conversazione e da narrazione…Già, anche perché, niente smancerie per favore, oggi facciamo trentanove anni che stiamo insieme, con la biondina, e ci sopportiamo ancora mica male. Sarà che ci vediamo poco, però funziona…Stasera invito a casa di Lidia per festeggiare (ma lei, Lidia, non lo sa…)

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