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Interviste, limpidi ricordi e operazioni oblique. Dalla Chiesa, Ambrosoli, Cossiga
Unomattina alle 9.30. Sarò lì domani a parlare, una volta di più (a volte mi sembra di esagerare, a volte mi sembra che ce ne sia sempre bisogno), di quel 3 settembre 1982, insieme con la redazione della "Storia siamo noi". Ho appena finito di leggere il libro di Umberto Ambrosoli, "Qualunque cosa succeda" (Sironi). E’ bello il progetto di Umberto di ridare vita a suo padre attraverso il proprio racconto. Colpisce e intenerisce che lui ne abbia pochissimi ricordi personali (aveva sette anni quando glielo uccisero). E che debba fare appello a faldoni, carte, documenti ufficiali, che peraltro padroneggia con grande lucidità e chiarezza, per raccontarci quella storia che è prima di tutto "sua". Vi consiglio di leggerla, e anche di soppesare bene la vigliaccheria e l’improntitudine dei potenti di allora, alcuni dei quali (Andreotti in primis) sono ancora all’opera. Chissà perché sono partito da me e sono passato subito a Umberto, detto Betò. Forse perché sempre di quello si tratta, in fondo. Servitori dello Stato lasciati soli nel momento in cui dovrebbe trionfare la legge… Poi uno legge l’ennesima intervista complice di Cazzullo a Cossiga sul Corriere e si fa ancora altre domande sullo stato delle deontologie e della pubblica moralità (a proposito di informazione…). A Cazzu’, ma quando lo capirai che di quel che pensa Cossiga non ce ne può fregar di meno, tanto meno delle sue allusioni oblique? Lassa perde, quello è un altro mestiere…
Nando
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