L’insinuazione peggiore: mafioso o impotente?



(l’Unità, 10 settembre 2009) – Innocente sondaggio. E’ piu’ offensivo dare allusivamente
dell’impotente a un ultrasettantenne o dare del mafioso "senza se e senza ma" a
un sessantenne investito di pubbliche funzioni? La risposta dipende tutta dalla
personalità e dalla psiche di chi viene intervistato. Chi ritiene la mafia una
cosa ignobile che esprime il peggio della natura umana, dirà senza pensarci un
attimo che l’accusa più grave che si possa fare a un uomo è proprio quella di
essere un mafioso. Soprattutto se è titolare di pubbliche funzioni e dunque fa
del prestigio e della credibilità istituzionale la risorsa più importante. Chi
invece pensa che con la mafia si possa convivere, che Cosa nostra sia un
elemento del paesaggio, che un boss è un signore con cui si può in fondo
ragionare e perfino coabitare, allora troverà l’accusa fastidiosa. Ma non così
insultante da ferire a fondo l’onore e l’amor proprio. Reagirà sdegnato per
uniformarsi alle buone convenzioni civili, insomma, ma non ci perderà il sonno.

Mentre per converso chi non ha il sesso nel cervello non proverà certo piacere per
allusioni velate o salaci ironie sulla sua efficienza sessuale; ma tenderà a
includerle con sufficienza tra quelle classiche cose minime di cui "non curat
praetor". Mentre chi ha costruito il proprio sistema di relazioni umane e
sociali sul mito della maschilità erettile, o comunque ha fatto di questo mito uno
dei principali valori di riferimento della sua vita, riterrà che qualsiasi
accenno di dubbio sul suo pieno possesso di certe facoltà, tanto più in età
avanzata (quella che tende cioè a produrre maggiori insicurezze in proposito),
sia uno schiaffo intollerabile alla sua dignità, al suo pubblico onore.
Meritevole, questo sì, di essere portato in tribunale. Di provocare gogna e
rovina materiale eterna per i suoi detrattori.


Sta tutta qui, in fondo, la spiegazione del perché Silvio
Berlusconi abbia deciso di colpire l’Unità e alcune sue redattrici (donne!)
invocando pene da schiacciare a vita qualunque normale cittadino; e a suo tempo
abbia invece (almeno pubblicamente) fatto finta di non vedere le accuse che gli
venivano dalla “Padania” e dalla propaganda leghista. Che sarà mai, in fondo, “piduista”
o “mafioso di Arcore”?
E che valore potrà mai avere tutta quella
documentazione, vera o presunta, in grado di evocare rapporti con Cosa Nostra
nel paese delle tante stragi mafiose? Che valore, soprattutto, rispetto a
intollerabili battute frizzanti o boccaccesche su episodi altrettanto boccacceschi?
A suo tempo molti insinuarono che il silenzio di Berlusconi fosse dovuto alle
(indimostrate) capacità di ricatto di Umberto Bossi. Oggi però si fa largo la
vera spiegazione: conta ben altro per l’onore di un uomo.

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