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In memoria di un giudice generoso
Scrivo nella notte tra venerdì e sabato. Tra poche ore si terranno a Torino i funerali di Maurizio Laudi, magistrato tra i migliori di questi decenni. Morto a 61 anni per infarto, dopo avere lavorato come sempre fino a notte, procuratore di Asti. Era stato per lunghissimo tempo alla procura di Torino, diventando amico di Caselli. Anche lui impegnato contro il terrorismo e poi la mafia (nel suo caso soprattutto la ‘ndrangheta in Piemonte). Protagonista di indagini difficili, faticose e rischiose. Agli inizi degli anni 90 uscì da Magistratura democratica giudicandola troppo politicizzata. Era anche un cultore della memoria, non mancava (e lo ricordo bene) a nessun anniversario (di quelli che sappiamo noi) a cui potesse partecipare. Be’, devo dire di avere provato un senso di disagio -umano, morale, civile- nel vedere che mentre la stampa maggiore lo ha ricordato, Unità e Fatto non gli hanno dedicato una riga. Capisco gli organici ridotti, le frenesie a fare il giornale, ma la notizia è stata lì tutto il giorno. Davvero nessuno ha detto “ragazzi, è morto Laudi”? Amare la giustizia non vuol dire solo raccontare gli avvisi di garanzia o rifare la storia di Berlusconi o denunciare il lodo Alfano. Vuol dire anche sapere provare riconoscenza verso chi alla giustizia ha dato molto. O i giudici degni di essere onorati (mai vorrei pensare che fosse così) sono solo quelli che creano problemi, qui e oggi, ai nostri avversari politici? Spero che domani arrivino le giuste correzioni. Io intanto lo ricordo per quel che ha fatto con generosità, che è stata tanta; anche accettando di entrare nello squattrinato comitato scientifico di Omicron. Ti ho perfino perdonato di essere juventino, caro Maurizio…
Nando
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