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VIENI A TEATRO, VA IN SCENA LA POLITICA. A Bergamo si impara il pensiero, non il talk show
(Il fatto quotidiano, 22 novembre 2009)
Un piccolo teatro, pieno
dalla prima all’ultima fila. E un programma a far da richiamo: we care. Tranquilli. Non è un remake della sfortunata campagna
elettorale di Walter Veltroni della primavera 2008. Nessuna caccia di voti ma
solo voglia di pensare. Nessuna televisione ma un anonimato monasteriale. We care è un motto senza alcuna pretesa
di “comunicare”. Racconta solo l’antica passione per don Milani che anima
l’organizzatore di questa scuola di formazione alla politica sbocciata
d’improvviso a Bergamo. Si chiama Rocco Artifoni, fa l’amministratore di una
cooperativa di pubblicità e grafica, ha vissuto i suoi primi quarantanove anni
passando per ogni possibile forma di volontariato: dall’oratorio ai disabili,
dalla pace alla legalità, dalla cooperazione agli immigrati. Alto, asciutto,
barba corta alla George Clooney, accento ben cantilenato in versione orobica,
va orgoglioso di questa scuola che sta impegnando decine e decine di ragazzi
tra i 17 e i 24 anni (è la condizione scritta per potere aderire), sottraendoli
all’idea che la politica sia quella dei talk show televisivi e invitandoli a
pensare. E prima ancora ad ascoltare. Non la classica “battuta” mediatica, ma
le relazioni di giuristi, sindacalisti, economisti, storici e sociologi. Uno
scenario incredibile quel teatro Qoelet pieno di ragazzi paganti (30 euro un
modulo di quattro lezioni) e che vengono anche dalle valli, senza che vi sia il
richiamo della moda di stagione, della propaganda dei giornali e nemmeno di un
leader di partito. Sul depliant compaiono i visi di Nelson Mandela e di Obama,
di Dossetti e don Milani, di Gandhi e Berlinguer, ma anche di Alex Langer o dei
premi Nobel che lottano contro le dittature del pianeta. Giusto per dire da che
parte si sta.
Sono in gran
spolvero di questi tempi i cattolici bergamaschi. Il centrosinistra non sta bene, ha appena perso il
governo della città, ma loro invece di arretrare e imbozzolarsi nelle
autocritiche tirano fuori guizzi di ingegno e di iniziativa. “Ci è andata ancora bene”,
commenta Rocco, “sarebbe stato peggio avere un sindaco leghista. Tentorio è un
finiano, una persona ragionevole, attenta anche alle cose che diciamo noi. Non
dobbiamo mollare. Informazione, educazione, movimenti, cooperative: guai a
sdraiarci sulla loro cultura”. Sarà anche per questo che tre settimane fa i
cattolici della Cisl hanno invitato al cinema Conca Verde Fausto Bertinotti.
“E’ stato un pienone”, racconta Francesco Breviario, uno degli organizzatori.
“Più di seicento persone e tantissimi studenti. E lui è stato proprio bravo.
Rispettoso del tema e del luogo, senza strafare”. Riscoprire il senso della
politica. Sembra questo l’obiettivo che sta impegnando un mondo vivace,
indocile e che infatti ogni tanto si prende i suoi rabbuffi dalla
potentissima Curia bergamasca. La San Vincenzo, per esempio, era tra gli
iniziali promotori di We Care, poi ha preferito defilarsi, diversamente dalle
Acli che sono andate avanti lo stesso. Un mondo tosto che ha scelto da tempo di
mettersi in prima fila anche sulla questione della legalità. Ce n’erano tanti
di loro alla manifestazione di Ponteranica, il paese natio di Vittorio Feltri,
contro la cancellazione del nome di Peppino Impastato dalla biblioteca
comunale. Rocco è uno che a questi temi ha dedicato molte energie. C’era anche
lui. “Figurati se non c’ero. Pensa che Pierina (così chiama sua madre…; ndr)
legge ogni mese ‘Narcomafie’, poi mi telefona e mi dice ‘guardati
quell’articolo’. Già, lei legge solo ‘Narcomafie’ e ‘Famiglia Cristiana’.
‘Famiglia Cristiana’, poi, con ancora più gusto da quando ha attaccato
Berlusconi. In casa sulla legalità siamo ben messi”. Vero. Prova ne sia la
proposta di un gruppo di grillini di candidarlo nella loro lista civica alle
prossime elezioni regionali. Ha già declinato l’invito, ma di quella
riuscitissima manifestazione ha fatto un fiore all’occhiello collettivo. “Anche
perché abbiamo battuto i leghisti. Ci avevano mandato una lettera aperta
invocando la pioggia su di noi. Ha piovuto tutta la mattina, poi Dio ci ha dato
una mano e ha fatto smettere; dal palco l’abbiamo fatto dire da Gaspare, un
comunista siciliano che insegna in provincia”.
Gli
insegnanti. Sono tanti quelli cattolici che portano nelle scuole di qui i
valori più ovvi per un bambino e purtroppo più controversi per la politica: la
pace, l’ambiente, la mafia. A Torre Boldone, alle porte di Bergamo,
all’imboccatura della Val Seriana, c’è un gruppo di
maestre
e professoresse che fa miracoli. Assemblee in silenzio assoluto con i bambini
di prima media, senza bisogno dei classici sorveglianti in fondo all’aula
magna. Ospiti che parlano e loro che li guardano fissi, da chiedersi chissà
cosa capiranno e poi tirano fuori domande fulminanti. Bimbi della scuola
dell’infanzia intitolata a Bruno Munari che cancellano in allegria la piovra,
una bella croce sopra per dire già a quattro o cinque anni ciò che lo spirito
d’infanzia suggerisce: no ai cattivi. E poi incontri in librerie, come lo
Spazio 3° Mondo, un cortile interno sulla grande via Italia di Seriate, dove si
fa da mangiare (bene) e dove si presentano i libri che interrogano le
coscienze, anche quelli più di nicchia, dove è difficile trovare le pile di
Vespa o del giallista straniero di turno. Serate sempre piene, ci sia un
missionario o un giornalista di battaglia. Giorgio Personelli sembra un
Maurizio Vandelli (Equipe 84) più robusto, capelli quasi rasta imbiancati e la
faccia giovane. La libreria è un successo suo e dei suoi amici e amiche.
“Questa è la nostra missione, fare cultura. E ci stiamo riuscendo. Il bar e il
ristorante aiutano a far quadrare i conti. Ma anche le presentazioni, anche gli
incontri. La bergamasca non è solo Lega per fortuna”.
La Lega. Meno male che il
sindaco non è leghista, la bergamasca non è solo Lega, Ponteranica e tutto il
resto. Si staglia una sfida tutta particolare in quello che i cattolici
bergamaschi stanno facendo. Lo conferma “Ferdy” Giavardini, tra i fondatori di
una associazione di servizio agli immigrati, “Pugno aperto”, per dire che si
sta a metà tra il classico pugno della rivoluzione e le mani tese. Loro, che
portano con sé la memoria di papa Giovanni e di padre Turoldo, a consegnare
Bergamo all’immagine della città tutto rancore e folclore, tutto invettiva e
xenofobia, proprio non ci stanno. No, non è solo politica. Di mezzo c’è
l’orgoglio della loro terra.
Nando
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