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Strozzare “La Piovra” o strozzare la Piovra? Le paure di B.
Eccomi qui. Mi dichiaro colpevole. Io sono uno di quelli che il signor B. vorrebbe strozzare. Perché ho scritto libri di mafia. Anzi, ho iniziato addirittura con la tesi di laurea (primi appunti nell’estate del ’70) e con un libro nel ’76. Fino a oggi. Metto nell’ordine le mie colpe: libri e articoli a ripetizione, giornali e movimenti e circoli e riviste, convegni e seminari a fiumi, perfino un partito politico, monologhi teatrali, corsi di formazione liberi e corsi universitari, commissioni d’inchiesta e la presidenza onoraria di Libera. Mi strozzerebbe. Ma pensa te. Chi strozza chi…Non è che per caso dovrebbero essere i familiari delle vittime o semplicemente i cittadini onesti a sentirsi prudere voce e mani nel sentire dire certe cose, no eh?
Piuttosto però mi domando perché B. abbia detto, appunto, “certe cose”. Io ho due spiegazioni. La prima rientra nella scuola psicanalitica. B. è davvero inviperito che stia montando una attenzione crescente verso la mafia in Italia. Bei tempi, sembra pensare, quelli del “Padrino”, quando il mafioso aveva un che di eroico e di romantico e fare affari con i mafiosi era per chiunque una delle cose possibili. E maledetta “Piovra” che ha rotto quel delizioso incantesimo, portando tanta gente a schierarsi con il poliziotto buono contro il mafioso cattivo. C’è in mezzo, tra “Padrino” e “Piovra”, buona parte degli anni settanta e la prima metà degli anni ottanta. Ossia la catena di delitti eccellenti, che hanno scosso il paese. Ma anche gli investimenti mafiosi al nord, che hanno fatto partire fior di imperi economici. E nessuno faceva tante storie…Curiosa questa psicanalisi. Perché mi è venuta in mente anche quando si è avuta la notizia (neutra) che si riaprivano le indagini per le stragi e B. ha detto “è una persecuzione”. E perché, se lui nelle prime notizie non era nemmeno citato?
La seconda spiegazione è un po’ diversa. A me sembra che B. abbia paura, molta paura, ma proprio una paura fottuta di qualcosa che non vuol dire. Usa frasi in apparenza sconnesse: dice “mi vogliono uccidere”, cita più volte, oltre a magistrati e comunisti, “altri soggetti” ed è da escludere che non li citi per rispetto istituzionale. A chi ha voluto parlare attaccando quelli che hanno scritto libri sulla mafia? E perché mai li strozzerebbe lui che, solo poche settimane fa, aveva detto di volere passare alla storia come il capo del governo che aveva smantellato la mafia? Ha avuto forse paura delle parole che ha pronunciato? E dunque ha pensato di dovere dire il contrario esatto per rabbonire qualcuno che oggi minaccia di attaccarlo, fisicamente o con le parole? E perché ha avuto paura? Quali sono gli antefatti, vicini o lontani? E, detto tra noi, con infinita modestia: ma è possibile che un paese, una democrazia, siano alla mercé di questa “cultura di governo”?
Nando
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