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Tamara, la storia siamo noi
Davvero “non possiamo fare niente”? Davvero non può fare nulla una singola persona contro il potere? Io ho conosciuto una donna che ha voluto e potuto fare “qualcosa”. Le ho pure consegnato la medaglia della città di Genova l’altro ieri pomeriggio nell’aula del consiglio comunale strazeppa di pubblico (consiglieri comunali, ahimé, pochi pochissimi). Questa persona si chiama Tamara Ivanova Chikunova. Nazionalità russa, vive a Tashkent, capitale dell’Uzbekistan. Ascoltate: suo figlio Dimitrij, 29 anni, venne condannato a morte nel 1999, la pena (fucilazione) fu eseguita senza avvisarla e darle la possibilità di un ultimo saluto; lei fondò allora l’associazione “Madri contro la pena di morte e la tortura”, insieme ad altre persone che avevano vissuto esperienze simili o che semplicemente volevano battersi contro la cosiddetta pena capitale. In tutto una ventina di membri. Negli anni ha salvato 23 condannati dall’esecuzione.
Ma la lotta di Tamara, che dall’Italia è stata sostenuta con forza dalla Comunità di Sant’Egidio, ha dato i suoi frutti più alti nove anni dopo, passando per rischi e minacce e sacrifici: nel 2008 l’Uzbekistan ha abolito la pena di morte. Mi è sembrato grandioso. Tornano temi che mi sono cari: la forza rivoluzionaria dei sentimenti e quella delle persone davanti agli Stati e alla vita delle nazioni; e il ruolo delle madri, per una sterminata letteratura figure dolenti e schiacciate sui fondali della storia e invece moderne protagoniste dei diritti, dalle madri argentine a quelle siciliane fino a Tamara. Una lezione (l’ennesima) per tutti: le persone “possono” fare.
Nando
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