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MILLE LIBRI A TRANI. Maria del Porto che salva la città. Storia di una libreria nata nel degrado
(Il fatto quotidiano, 29 novembre 2009)
La sera quando restano accesi solo i lampioni e il vento d’autunno sobilla le acque scure della piccola baia, il forestiero viene attratto da quell’insegna verticale: “La Maria del Porto”. Sembra il nome di un ristorante rinomato, Maria potrebbe essere la sua padrona o la sua fondatrice. Chissà, storie di marinai e di cibi strepitosi sulla strada che porta -bastano duecento metri- alla più bella cattedrale marina al mondo, quella di Trani. E invece non è storia di marinai; e da mangiare si offre sì, ma in modo molto particolare. Perché “La Maria del Porto” è una libreria. Anzi, prima che una libreria, una sfida speciale lanciata nella Puglia che fa ammattire gli scrittori; nella Puglia croce e delizia delle case editrici, specie le più piccole, perennemente alla ricerca dei motivi per cui quel titolo e poi quell’altro dal Gargano al Salento proprio non si trovano. In questa libreria arrivano da anni i grandi nomi della narrativa e della saggistica, risucchiando pubblico da decine di paesi e cittadine: insegnanti, professionisti, studenti, casalinghe colte, qualche politico locale.
La data di nascita di questa avventura dice qualcosa a chi tiene buona
memoria della storia pubblica italiana. Giugno 1993, le prime elezioni
dirette dei sindaci, la vittoria del referendum Segni, Tangentopoli e
la grande speranza che ci siano nuovi spazi per la società civile. E’
in quel clima che Rosanna Gaeta, una professoressa di latino e greco
del liceo “De Sanctis”, buone relazioni con il mondo universitario, va
prematuramente in pensione e decide il grande passo. Ci mette la
liquidazione e l’aiuto del marito Gianni, un avviato studio legale in
città. Anche se tutti le predicono la fine delle piccole librerie,
anche se tutti (o quasi) le spiegano che con un retroterra di lettori
striminzito come quello della provincia meridionale non ci sarà trippa
per gatti, investe lo stesso ogni risparmio. La libreria viene
battezzata in giugno e subito cerca di essere “un’altra cosa”. Apertura
sul porto, primo passo privato verso la riqualificazione pubblica di
un’area allora ospitale per lupi solitari dello scippo e per
contrabbandieri. Disposizione interna della merce che sembra la
negazione degli ordini di scuderia del settore. Grande spazio e
visibilità ai piccoli editori, una specializzazione in libri d’arte, di
mare, di storia locale, di infanzia e testi in lingua. E preferenza
smaccata, naturalmente, per la produzione di qualità, anzitutto
scrittura femminile e i grandi temi dell’etica e della legalità. In
più, quella che allora appare un’eresia nella tradizione delle librerie
meridionali: un elegante caffè interno con soffitto a volta, che
diventa punto di ritrovo e di conversazione tra i lettori. Per gli
amici, la sera, uno spazio tutto particolare che dà il via agli
incontri “al tegamino”, giusto per confermare che in effetti, in quel
posto sul mare, ci sarebbe stata a pennello anche una trattoria.
Pochi mesi dopo nasce l’associazione “La Maria del Porto”, una dozzina di intellettuali e professionisti di provenienza Pci, che diventa giuridicamente la proprietaria della libreria. “In ogni caso non è stato semplice”, racconta la protagonista, “il porto allora era un’area degradata. Sembrava un azzardo. Poi piano piano sono iniziati ad aprire altri negozi e tutto ha preso una forma più civile”. Da allora è stato un percorso a crescere. Zeppo di fatica, a volte punteggiato di freddezza con i poteri locali (“perché mai darsi da fare per questi comunisti?”), ma con indiscutibili effetti sulla vitalità culturale cittadina. Sono ormai pochi gli scrittori di fama o i saggisti brillanti che non siano passati almeno una volta da qui, a presentare i propri libri o a discutere quelli altrui o a mettersi a convegno sui temi di maggiore attualità. Erri De Luca e Dacia Maraini, Ben Jelloum e Corrado Augias, Moni Ovadia o Margarteh Mazzantini, Domenico Fisichella o Eva Cantarella. Pubblico misto garantito dal tam tam dell’associazione. Ma garantita, anche, quella preziosa risorsa a esaurimento che è l’ospitalità signorile delle famiglie borghesi meridionali di una volta: visite con storica dell’arte alla cattedrale, pranzo o cena nella casa con giardino della fondatrice, mantenimento discreto dei rapporti a distanza. Premessa per la costruzione di un vero capitale di relazioni culturali, insomma.
Un capitale che Rosanna Gaeta e i suoi amici hanno investito (di nuovo altri rischi finanziari…) in una impresa dal successo forse imprevedibile. Un festival di cultura, non solo letteraria: “I dialoghi di Trani”, una rassegna che viene allestita in settembre tra le mura dell’incantevole castello svevo cittadino, giunta ormai alla ottava edizione. Con una sezione di attualità curata dalla rivista “Micromega”. Giornalisti che arrivano dalle altre città, lettori “forti” che si prendono un week end apposta per venirci, pubblico straripante e discussioni di qualità. Quest’anno, tra gli ospiti, Piero Dorfles e Marco Lodoli, Serge Latouche e Fernando Savater.
Nel frattempo la libreria si è allargata. L’area originaria dei libri è diventata spazio per mostre e rassegne, il caffè si è impreziosito, è stato abolito il tegamino e sono arrivati i prodotti equi e solidali, con in più un corso per degustatori di vino perché il posto, insomma è inutile negarlo, si addice troppo alla gastronomia. Alla presentazione degli autori si sono aggiunte le attività associative più varie, dal circolo del cinema intitolato a Dino Risi all’eccentrico “corso di pizzica”, delizia per i fan di musiche e mode locali. E non mancano i volontari pronti a dare una mano nei momenti più impegnativi. “Il periodo più difficile? Forse quando recentemente, anche sulla spinta del nostro successo, hanno aperto altre librerie. Dico la verità, abbiamo temuto il peggio. Ci siamo difesi con la qualità, con l’attenzione al cliente e intensificando le iniziative culturali. E’ andata bene”. Oggi la professoressa diventata libraia gongola al ripasso dei sedici anni di sfida. Al pensiero di un benessere familiare investito in cultura e bellezza anziché in yacht da ormeggiare nel lussureggiante porto dell’estate. All’idea che anche gli ex comunisti non passati dall’altra parte sanno essere imprenditori di successo. E che i “Dialoghi di Trani” possano diventare addirittura fondazione. Anche se alla fine chiede uno spazio di orgoglio per parlare, più che della libreria, del figlio Alfredo, legal officer dell’Onu, attivo sui diritti umani, da Sarajevo alla Cambogia. Tutto sommato, mamma lo è. Meridionale pure.
Nando
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