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Natale in casa Pescetto
(la Repubblica – Genova. 24 dicembre 2009)
Chissà come sarà il Natale in casa Pescetto. Non è una curiosità bizzarra. E ve ne spiegherò la ragione con questo raccontino autobiografico. L’altra sera, quella del grande gelo, sono arrivato a Principe verso le nove di sera. Viaggio ardimentoso e avventuroso con premio finale: in stazione niente taxi, e folto gruppo di viaggiatori in attesa. Decido allora di andare a piedi con il mio borsone per via Balbi. Ma, fatti pochi passi, iniziano ad arrivare folate di vento gelido da brivido. Penso che dopo qualche minuto cesseranno, così cerco rifugio alla mia sinistra: prima vicino a un bar d’angolo, dove è tutto “occupato”, poi qualche metro più indietro, verso l’hotel Continental. Vedo quattro o cinque ragazze sistemate su uno scalino che mi sembra proteggerle dal vento, ci salgo anch’io e mi metto subito dietro di loro, senza neanche rendermi conto di dove sono; ho gli occhi che lacrimano per il freddo e penso solo a quel che succede in strada. A un certo punto una voce furente mi assale da dietro: “Già non si può stare sullo scalino, ma dentro è veramente troppo”. Mi volto sorpreso e vedo uno con un camice verde e un distintivo da farmacista che mi guarda con astio. Oddio cos’ho fatto, penso. Lui imperversa: “Così mi fa aprire le porte automatiche”. Io realizzo di essere in un mini-atrio che dà sull’ingresso di una farmacia e rispondo: “Guardi che le porte le ha fatte aprire lei per venir fuori a prendersela con me”. “No è colpa sua”. “No guardi, le ha fatte aprire lei”. Vada via di qua, insiste il farmacista, pelle bruna sui quaranta, perfetto accento genovese. Mi sposto sullo scalino dove fino a pochi istanti prima c’erano tranquille le ragazze e lui ancora “Vuole scendere da quello scalino?”. Io sempre più incredulo gli dico “Grazie, lei è molto gentile”. E lui: “Così impara a discutere anche”. Scendo e accanto a me scorgo un cartello incredibile. Invita “gentilmente” a non sostare in strada davanti all’ingresso della farmacia.
Nel vento che non smette di tirare come un flagello riconosco dove sono finito. Pescetto, farmacia Pescetto. (continua)
Quella
dove ogni tanto negli anni sono venuto a prendere un’aspirina o una
borocillina all’arrivo o prima di partire. Non penso alla solita
questione: l’immagine che la città dà di sé, con una simile gentilezza
o capacità di accoglienza nella farmacia di fronte alla stazione. E
nemmeno penso (perché è decisione automatica) che in questa farmacia
non comprerò più nemmeno un’aspirina e inviterò gli amici a fare
altrettanto visto che una delle migliori conquiste civili degli ultimi
anni è il consumo critico. Ma penso, con tristezza, che quel piccolo
atrio serviva a riparare delle persone (sottolineo: persone) in un
momento di difficoltà. E che un farmacista (sottolineo: farmacista) le
caccia via in malo modo senza che queste persone stiano ostruendo
l’ingresso o creando inconvenienti di sorta a chi sta dentro al caldo.
Penso con nostalgia a quel commerciante di abbigliamento di lusso in
corso Italia a Milano che sta di fronte alla fermata del tram e che
quando arriva giù la pioggia non caccia i passeggeri in attesa dagli
scalini del suo negozio ma addirittura tira giù le sue tende per
aiutarli a proteggersi. Penso al Natale e al senso di quella grotta, al
fatto che saremo giudicati per avere dato cibo o acqua o protetto dal
freddo (perché senza di questo non esiste l’idea del “prossimo”). Penso
con qualche sgomento a come sarei stato trattato se fossi stato un
immigrato con la sacca delle sue mercanzie o un barbone. Penso allo
spirito con cui sarà celebrato il Natale in casa del signor Pescetto (o
come si chiama oggi il gestore di quella farmacia). Perciò vorrei fare
a lui e ai suoi cari gli auguri più sinceri di Buon Natale. Sia pace in
terra agli uomini di buona volontà.
admin
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