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Nella scuola dove si insegna il coraggio
(Il fatto quotidiano, 3 gennaio 2010)
La terza bomba ha colpito al cuore. Pino Tilocca sindaco alla testa di una lista civica di centrosinistra, Solidarietà e progresso, stava sconvolgendo le abitudini di Burgos, piccolo comune montuoso della provincia di Oristano. Si era messo in testa di fare politica in una zona in cui chi vince le elezioni pensa a favorire la coalizione di famiglie e di clan, variamente etichettate, che l’hanno sostenuto. Mentre l’Italia civile era in rivolta contro le leggi ad personam o contro la guerra in Iraq, questo sindaco dallo sguardo mite e dal sottile strato di barba color carbone, conduceva la sua rivolta e la sua guerra contro un’idea atavica di politica e contro tradizioni antiche di omertà. L’urbanistica e l’apertura al mondo esterno; con le rivalità di partito (lui era iscritto a Rifondazione comunista) pronte a salire in carrozza sugli odi più sordi. La prima bomba nel febbraio del 2002, il mese di piazza Navona e del Palavobis. Di notte, sulla porta di casa del padre Bonifacio, un ex operaio che per fare studiare bene i cinque figli si era andato a cercare un lavoro a Oristano. La seconda bomba quaranta giorni dopo, stessa ora stesso posto; gli era pur scappato, no?, di dire una volta che se se la fossero presa con il padre avrebbe lasciato tutto. Lui reagì con fierezza, invece. Consigli comunali straordinari, interviste, mobilitazione delle scuole. Allora in settembre lo raggiunsero a Oristano e gli incendiarono l’auto. Subito dopo il messaggio con ritagli di giornale: adesso cambieranno i fucili. Decise di resistere. Part-time a scuola come maestro alle elementari di Siamanna, mille abitanti. Poi in municipio a Burgos. Sempre sul filo del fuorigioco. Denunciò una banda di giovani delinquenti che durante le vacanze di Natale del 2003 vandalizzarono le pubbliche vie a colpi di fucilate. E denunciò pure l’inerzia delle forze dell’ordine. Così per punizione profanarono a martellate la tomba della madre Natalia.
A febbraio del 2004 l’ultima bomba. Nemmeno le undici di sera, la notte della Pentolaccia, festa dopo Carnevale. I carabinieri passano, vedono qualcosa che sembra una miccia davanti al portone di Bonifacio Tilocca, urlano l’allarme, l’anziano inquilino accorre richiamato dalle grida e la bomba lo uccide. Ma il sindaco resta al suo posto, gli sembrerebbe di scappare, di mancare di rispetto al genitore. E termina il suo mandato di guerra e di politica. Chiedendo invano ai vertici di Rifondazione, anche a Bertinotti in persona, di difenderlo dalla micidiale faida di partito che, nel viluppo di odi di clan, lo sta schiacciando mentre lotta per dare a Burgos un’amministrazione progressista non solo di nome.
Fine dell’esperienza amministrativa. Amarezza tanta. Voglia di continuare a dare futuro alla sua terra, ancora di più. Il sindaco torna a Oristano, nella sua casa ospitale e piena di libri appena fuori la città insieme alla moglie Patrizia e al figlio Matteo. E vince il concorso a preside per il quale ha continuato a studiare nei mesi più incanagliti. Così nel settembre del 2007 va a dirigere un centro comprensivo, dalla materna alla media inferiore, a Cabras, profumo di mare, uno dei più bei tratti di mare della Sardegna, novemila abitanti. Ci si butta anima e corpo. “Settecento allievi in tutto. Si chiama De Amicis, e avrei voglia di cambiare il nome se non fosse che oggi, con questi rancori furibondi, finisce per essere una trincea anche De Amicis. Settecento allievi sono un piccolo pezzo di umanità, che ci è affidato dai tre-quattro anni fino ai quattordici. La mia prima preoccupazione è di accompagnarli nella crescita, senza che dall’infanzia all’adolescenza si scardini il modo di vivere. Per fortuna ho grandi collaboratori”. Ed ecco l’indice di nomi sardi doc: Chiara Sanna, Pietrina Podda, Lorella Pinna… “Quali principi educativi? Intanto il rapporto della scuola con il suo territorio. A Cabras c’è l’area marina protetta, e questo vuol dire che biologia, fisica, chimica, le scienze insomma, devono partire da questa grande risorsa. Lo stesso per la musica; se ne fa molta collegandosi con le tradizioni del luogo e con la scuola civica di musica. Poi l’identità sarda”. Ha un bagliore d’orgoglio l’occhio del preside, poco incline a concedere che “possa esservi una cosa chiamata sole anche al nord”. “L’identità sarda”, continua, “non è inchiodata al passato, però; si costruisce continuamente a contatto con altre culture, per questo qui fanno inglese già dalle materne. E poi la legalità, il senso delle regole. Ci siamo chiesti spesso perché con i ragazzi spesso le regole non funzionino. E siamo arrivati a una conclusione: perché sono fatte per loro, ma non per chi le fa. E invece devono capire che come si chiede a loro di essere seri e preparati, altrettanto lo si chiede a noi stessi. Per questo l’anno venturo realizzeremo un grande esperimento: rifaremo insieme con loro tutte le regole e poi varranno per tutti. Il rispetto, è importante che imparino il senso del rispetto.”
E’ anche ospitale, il preside. Ci tiene che della sua terra si apprezzi tutto. L’aria e il mare, il profumo dei fiori. Anche il pesce che viene dalla settecentesca Peschiera dello stagno, bacino azzurro in mezzo a cento tinte di verde. Spiega l’ altro progetto a cui dedica energie, il concorso Cinzia Turbato. “Cinzia era un’ex allieva della scuola che si uccise a vent’anni. Io non l’ho conosciuta. Ha però ricordato a tutti il disagio della vita. Il premio è diretto alle terze medie. E ha un tema sempre diverso ogni anno. La fatica di vivere la prima volta, poi la legalità, quest’anno la letteratura. Ogni volta con testimoni. Aspettiamo Alidad Shiri, il ragazzo afghano che ha scritto ‘Fuga dalla sporca guerra’, e Michela Murgia e Marcello Fois. Ospiteremo anche il Macbeth di Shakespeare. Vede, per me fare scuola è un altro modo per proporre i miei valori. La questione non è fare o no politica. Il fatto è che esiste una politica della buona scuola. Cabras è una roccaforte del centrodestra, il Pdl qui prende l’80 per cento. Ma finora non ho avuto problemi perché la scommessa è quella di una scuola di qualità, che sia una garanzia per i genitori . E poi c’è l’alleanza con i ragazzi. L’altro giorno mi sono incontrato con un centinaio di miei allievi, dai diciotto ai trent’anni, mi hanno ringraziato di avergli fatto leggere in classe, da bambini, Voltaire e Calvino. E quanto a oggi, pensi che la metà circa dei miei allievi delle medie è in collegamento con me su Facebook. Che le pare, che non sia facendo una politica più bella?”.
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