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Io, il Pd e l’immunità parlamentare
No, l’immunità parlamentare no. Quella proprio no. Non può essere questa porcata la soluzione per il gigantesco affare B. Ma davvero basta farsi eleggere in parlamento (con l’aggravante che non ci sono nemmeno più gli elettori) per sottrarsi alle leggi? Ma che demone si sta impossessando del centrosinistra? Vi posso dire una cosa con assoluta certezza: che vedrete battaglioni di turibolanti in processione da Vespa a giurare che in tutta Europa c’è l’immunità e invece non è vero. Ci sono sempre piccoli ma decisivi dettagli che fanno la differenza. E c’è sempre un’etica pubblica, e c’è sempre una stampa libera, che impediscono che le protezioni, dove e quando esistono, vengano usate abusivamente. Tutti sanno la ratio dell’articolo 68 della Costituzione, d’altronde (soprattutto difendere i parlamentari dell’opposizione dalle rappresaglie governative, rese possibili da una magistratura ossequiente e che veniva per li rami dal ventennio). E tutti sanno che razzia morale sia stata fatta di quell’articolo, per salvare fior di delinquenti.
Io entrai in parlamento nel ’92 con la Rete mettendo, con tutta la Rete, al primo punto del programma proprio l’abolizione dell’immunità parlamentare. Non ho cambiato idea. Non reggerei di stare in un partito che ne dovesse votare la reintroduzione, questo lo dico e lo dirò con chiarezza. Anche se sono costretto a invocare l’immunità per me, di fronte a Previti, per l’unica ragione per la quale la teorizzo e rivendico: la libertà di critica e di opinione, tante volte limitata proprio ai parlamentari (che non se ne adontano) con interventi liberticidi sulla loro facoltà di proporre interrogazioni e interpellanze su fatti che non siano finiti sui giornali o che non abbiano avuto trascrizione in atti ufficiali. Ecco dunque il mio accorato appello a tutti i parlamentari dei Democratici: ripensateci o (anche se non lo capite) sarà la fine del partito.
Nando
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