Omicidio in un tranquillo paese padano

Una sera a Romentino. Un piccolo comune vicino a Novara, dove la società civile è  più effervescente grazie a una associazione di giovani chiamata “Quasar”. Il punto di contatto con loro è stato un mio studente dello scorso anno, in assoluto uno dei migliori. Tema: la criminalità organizzata al nord. La sala era strapiena. Ho raccontato quello che è giusto raccontare in questi casi, quando devi cercare di dare le dimensioni del fenomeno senza voli politici e tirate demagogiche. Perché, amici blogghisti, io sono preoccupato veramente; e mi sembra che, nonostante i sequestri di persona degli anni settanta e Ambrosoli e Calvi e l’assassinio del procuratore Caccia a Torino, ossia dopo 25 o 30 anni (ripeto: 25 o 30 anni), ancora ci sia una sensibilità tendente a zero e una capacità di rimozione tendente a cento. C’erano tutti, gli amministratori (centrodestra), seduti in prima fila. E di questo i ragazzi, che dal Comune non ricevono un euro, erano molto orgogliosi. Sono stati anche molto accoglienti nei miei confronti, gli amministratori. E il sindaco è subito intervenuto per ringraziarmi, per dire che bisogna stare attenti, che però a Romentino segnali non ce ne sono, che ceffi di malaffare non circolano e non cercano rapporti con l’amministrazione. Insomma: che fortunatamente Romentino ne è fuori. In quel momento una signora ha chiesto la parola dal pubblico e ha dato la notizia. Ho ricevuto un sms, ha detto: hanno appena ucciso l’imprenditore Marcoli nel suo ufficio. Gelo, ma non troppa costernazione(così mi è parso almeno). La signora ha continuato chiedendo che cosa stia accadendo nel novarese nel settore edile: uno arrestato, uno appena ucciso (operava nell’edilizia infatti, la vittima), quelli in via di bancarotta. Be’, io ho pensato che queste cose non accadono senza segnali precedenti. Movimento terra? Appalti e subappalti? Favori negati o protezioni respinte? Chi uccide deve stare sul campo da più tempo. I ragazzi poi mi racconteranno altre storie. Di rifiuti tossici sversati nelle cave (me lo confermerà un ex maresciallo di mio padre, ce n’è sempre uno in queste occasioni), di un giornalaio rapinato con pestaggio quattro o cinque volte (e come mai, se non perché non paga il pizzo?).

E’ finita che ho ricevuto una lunga standing ovation a cui hanno partecipato tutti, proprio tutti. E a me, lusingato e imbarazzato, è sembrato di stare dentro un film. Il pubblico che applaude in piedi, un imprenditore ucciso in un paese assolutamente tranquillo. Forse diranno che è una questione di donne, forse no. O che non si capisce bene che cosa sia accaduto, sarà gente venuta da fuori. Io penso solo che occorre alzare sempre di più la guardia, formare sempre più persone, pensare la politica in modo diverso. E anche per questo rinnovo a tutti l’invito che mi sta a cuore: tutti a Milano il 20 marzo per la manifestazione nazionale di Libera. I tempi della beata incoscienza dovrebbero essere finiti per tutti.

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