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La rete di Giuseppe l'”indiano”. Onda viola sì, ma senza patenti
il Fatto Quotidiano, 7.02.2010
Oggi il suo cuore batte per una data: il primo di marzo. Il giorno che viene dalla Francia. Il grande sciopero dei migranti decisi a mostrare all’Europa ricca il loro valore per l’economia e la vita di chi vorrebbe ricacciarli indietro. Giuseppe accumula incontri, messaggi in rete e telefonate.Vuole farla riuscire pure a Bari, la manifestazione. Perciò cerca di capire quanti siano i buoni viandanti in cammino verso quella data. Sembra poggiare l’orecchio al suolo come un indiano. “Indiano” d’altronde è il nome con cui viaggia in rete. Rosarno è stato lo spartiacque. “Ma è da prima di Rosarno che mi interesso di integrazione e immigrazione. Ho letto, mi sono documentato molto sulla rete. Di Rosarno ce ne sono tante. Anche in Puglia. A Bari ci sono due Centri di identificazione ed espulsione che tutti raccontano come dei lager di Stato, c’è anche un rapporto di Medici senza frontiere che lo dice. E da questa terra nell’89 è partita la nuova era, con i primi arrivi degli albanesi. Vede, l’altro giorno a una riunione è intervenuto un giovane di colore, un marocchino credo. E ha detto che se per quel giorno capisce che a manifestare ci saranno solo loro, lui in piazza non ci andrà. Ha ragione, dovremo essere tutti insieme. Dovremo essere un unico ‘noi’ per l’integrazione”.
Giuseppe l’Indiano (ma di cognome fa Milano) è una perfetta rappresentazione della complessità e semplicità al tempo stesso del grande dissenso che viaggia a sinistra. E’ la sconfessione vivente di ogni etichetta. Qualunquisti, rassegnati, dipietristi, giustizialisti. O quella più infamante: grillini. Lui grillino lo è stato, nel senso che è stato portavoce del meetup di Bari e pure tra i promotori del famoso VaffaDay. “Ma poi ho lasciato. Io non sono d’accordo con la proposta delle liste civiche. Per fare politica ci vuole formazione, una preparazione specifica. Grillo pensa che bastino la buona fede e l’onestà, ma così si rischia di mandare dei giovani allo sbaraglio. Io tessere non ne ho né intendo averne, almeno per ora. E partecipo di volta in volta sulle cose che condivido, magari aiutando degli amici, un po’ Partito democratico un po’ Italia dei Valori. Ho incominciato nel 2006, quando avevo ventidue anni. Non mi ci ha portato nessuno all’impegno politico, non ho avuto in famiglia qualcuno che mi ci abbia fatto appassionare. Ci sono arrivato per indignazione verso quello che vedevo accadere nel Paese. La prima manifestazione la feci sul risparmio energetico, dando volantini nel centro di Bari. Poi da cosa nasce cosa. E all’epoca delle inchieste De Magistris partecipai al presidio in difesa di Genchi, che Berlusconi accusava di essere il più grande scandalo della democrazia italiana.”
L’Indiano è iscritto a Ingegneria Edile Architettura, come si chiama il suo corso di laurea specialistica. E anche da studente ha maturato una “sana” diffidenza verso le liste di partito. La vita universitaria gli ha sbattuto sotto il naso un fenomeno per il quale Bari è finita più volte sui giornali (e anche all’attenzione della magistratura…): il nepotismo dei baroni. Gli è sembrato che qualche figlio prendesse voti troppo alti, ha visto perfino qualche padre esaminare il proprio rampollo (ottimi voti, naturalmente) e ha denunciato il fatto a tutte le associazioni studentesche, di ogni colore, “perché se una cosa è grave per davvero, devi chiedere l’intervento di tutti. Ma le associazioni, per non turbare gli equilibri accademici, hanno fatto orecchie da mercante, continuando a dibattere delle macchinette del caffè e dei servizi igienici”. Lui invece all’università ci ha portato del suo: dibattiti e ospiti, anche incontri in videoconferenza. Ha fatto venire, tra gli altri, Salvatore Borsellino e, appunto, Gioacchino Genchi. Due miti del popolo viola… “Ma io non mi considero un loro militante”, obietta subito Giuseppe, invitando ancora una volta a stare alla larga dalle etichette. “Certo che mi interessa quel che fa l’onda viola. Ma vede, io per esempio non ha partecipato al NoB day. Che cosa è rimasto dopo quel bagno di folla? Non c’è una proposta. E poi a me quella manifestazione è sembrata troppo focalizzata su una singola persona. Mica perché non pensi male di Berlusconi, per me è il peggior presidente del consiglio della storia repubblicana. Ma non possiamo raccontarci che lui è l’unica causa del disastro, giusto? Io poi rifiuto i miti. Quel negativi e, le sembrerà strano, anche quelli positivi. Perché noto una tendenza a delegare e ad applaudire. Mentre oggi abbiamo grazie alla rete delle formidabili possibilità di informarci, di fare passaparola. Credo che ognuno debba diventare il Travaglio di se stesso, il Santoro di se stesso. Tutto sommato anche le primarie in Puglia hanno decretato non il trionfo di Vendola, ma il trionfo dei cittadini. Volevano imporci un candidato rispettabile, certo, ma che non era il nostro. Vendola ha insegnato a tutti che un leader può avere una cultura -e io dico ‘deve’ avere una cultura- ma deve anche parlare al cuore della gente, deve sapere stabilire un contatto viscerale con i ceti più umili. A me vedere il popolo pugliese che va a votare per decidere chi sarà il suo candidato è sembrata una cosa grandiosa. Anche perché per troppo tempo ho visto i miei coetanei dormienti o scettici. Per troppo tempo li ho visti, davanti ai nostri scandali regionali, rimuovere tutto e prendersela sempre con Berlusconi oppure dire che destra e sinistra sono uguali e che non vale la pena di fare niente”.
L’Indiano sorride sotto gli occhiali. Non sta mai fermo. In ottobre ha organizzato da solo a Modugno, in provincia di Bari, un caffè letterario di tre giorni. La sua fama è ormai entrata nelle redazioni cittadine, tanto che da qualche tempo i presentatori dei libri gli chiedono di fare nel pubblico la parte del giovane informato. Non vive, sia chiaro, solo di politica. Ama, oltre ai libri di denuncia (la sua passione più fresca), i thriller e i libri di storia (“perché sono curioso”, spiega). Ama il cinema, tranne quello sdolcinato “ad alto tasso di glicemia”. Ama, nei suoi studi, soprattutto Composizione architettonica e Urbanistica. Sta di fatto, però, che in questi giorni il suo pensiero torna lì, come un chiodo fisso. Il primo di marzo. Il suo ultimo messaggio arriva dopo mezzanotte: ”Per favore lo scriva: l’indirizzo del gruppo che sta organizzando la manifestazione è primomarzo2010bari@gmail.com”. Lo sciopero che viene dalla Francia deve riuscire. Bari, dice lui, deve rispondere ‘presente’. E regalare ai migranti “una giornata bella, anzi, utile”.
Nando
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