La reazione civile di Milano


il Fatto Quotidiano
11 febbraio 2010


Ossigeno puro. E’ un’autentica ventata antimafia quella che sta attraversando Milano, coinvolgendo per cerchi concentrici l’intera Lombardia. Forse è una reazione istintiva. Reazione allo sconcerto di vedere le istituzioni negare anche l’evidenza, ai balbettii che arrivano dal Palazzo (non di Giustizia). Forse è l’impressione che da qualche parte si sia firmato una specie di 8 settembre, di essere abbandonati a se stessi davanti alla criminalità organizzata mentre il potere politico fa la faccia feroce con i campi nomadi. Certo quello che accade in questi giorni a Milano ha qualcosa di sorprendente. La stampa sembra non averne la minima percezione. Ma si respira un clima da “vigilia di qualcosa” che sta spiazzando gli stessi addetti ai lavori. Fioriscono ovunque le iniziative, spesso in sovrapposizione, regolarmente piene di un pubblico variegato. Davvero non è aria per il perfetto disfattista, quello del “ma mancano i giovani” o “sono le solite facce”. No. Le scuole promuovono incontri e dibattiti a ruota continua, e chi ci va coglie tutta la differenza. Non più assemblee vocianti, contenitori indistinti per fare numeri record, ma centinaia di ragazzi già preparati e impegnati dai loro insegnanti, pronti a domande pertinenti, non scritte dagli adulti. Scuole medie inferiori di periferia, con la maggioranza degli allievi dai lineamenti afroasiatici. E scuole superiori, anche in orari extrascolastici. La settimana scorsa il Marconi, lunedì il Virgilio, martedì il Rebora di Rho, in una sequenza che non sembra fermarsi.

L’università è entrata per la prima volta da protagonista in questo movimento. E’ partito un maxiseminario organizzato dall’ Ussp, studenti di Scienze politiche. Storici, sociologi, magistrati, testimoni. Andrà avanti fino a maggio, con prova finale. Al primo incontro con Nicola Tranfaglia sono arrivate centinaia di persone. Studenti, ma pure tantissimi cittadini che hanno riconosciuto all’università la sua funzione più nobile, essere sede dell’alta cultura cittadina.
Venerdì mattina, sempre a Scienze politiche, inizierà il convegno di formazione sulla mafia e la legalità per gli insegnanti lombardi. Contemporaneamente va avanti il corso di formazione sulla mafia a Milano e in Lombardia promosso allo Spazio Melampo da Libera e dalla scuola “Antonino Caponnetto”. Indirizzato in particolare ad amministratori pubblici e incaricati di pubblico servizio. Lanciato dall’appello “Qualcuno difenda Milano”. Strazeppo ogni sera, con gente seduta per terra a prendere appunti come in una grande scuola di formazione popolare. Consiglieri di zona e comunali, dall’hinterland, dalle valli bergamasche, dal lecchese, dalla Bassa padana; ma anche insegnanti, avvocati. E studenti universitari. Inviti a raffica a Umberto Ambrosoli perché racconti la storia di suo padre e presenti il suo libro. Sì, perché poi ci sono anche le presentazioni dei libri, sempre affollate pure loro. Il 25, di nuovo all’ università Statale, toccherà a Mafia export di Francesco Forgione. Domani appuntamento straordinario a Palazzo Marino: un grande convegno cittadino del gruppo consiliare del Pd, presente anche Walter Veltroni. Si muove anche il mondo dell’arte. Una serata no stop al teatro Franco Parenti il 15 marzo in ricordo degli intellettuali che a Milano si impegnarono sul tema già venti o trent’anni fa, fervore di progetti alla Nuova Accademia di Belle Arti.
E da ogni sede richieste di materiale bibliografico, di schemi di lezione, in un processo a macchia d’olio che non si giustifica solo con l’imminenza della manifestazione nazionale di Libera (l’annuale “giornata della memoria e dell’impegno”) che si terrà proprio a Milano il 20 marzo. Chi ha lavorato su questi temi per anni si interroga sul senso di quel che sta accadendo. Circola l’idea che più che resistere ormai si voglia ricostruire, con tutta la carica di entusiasmo e di speranza che il ricostruire comporta. Certo, in stridente contrasto con i sentimenti che comunicano le vicende nazionali. Ma in contrasto anche con la parola d’ordine governativa: vietato parlare di mafia in Lombardia. Siamo in vista di una autoassunzione di responsabilità della società civile. Lo ha notato l’altra sera allo Spazio Melampo Alberto Nobili, magistrato di punta della Procura di Milano nelle inchieste sulla ‘Ndrangheta, osservando il pubblico accalcato ad ascoltarlo: meno male, ha detto, perché la nostra vera carta è una rivoluzione culturale; altrimenti stiamo freschi.

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