Trezzano sul Naviglio, Smuraglia e il televoto

E così a Trezzano sul Naviglio anche un sindaco del Pd teneva rapporti con la ‘Ndrangheta, se i magistrati non hanno preso fischi per fiaschi. E poi, finito il mandato, ha messo al proprio posto in municipio sua moglie. E il partito non ha fiatato. E gli elettori, invece di vergognarsi un po’ almeno sul piano estetico, l’hanno pure votata. Davvero Dio perde chi vuol perdersi. E’ da vent’anni e passa che io, Gianni Barbacetto e pochi altri denunciamo quel che sta accadendo nell’hinterland milanese ma, sarà un caso, si preferisce sempre guardare da un’altra parte. Di più: ormai ricevo privatamente consiglieri comunali del Pd che si sfogano e lamentano di non trovare ascolto nel partito proprio sulla questione dei rapporti con le organizzazioni mafiose, non si dice sulla “questione morale”, che è notoriamente una barzelletta.

Ben venga stasera dunque, e cento volte di più, il nostro corso di formazione per amministratori pubblici allo spazio Melampo. E che ci vengano ‘sti amministratori pubblici a sapere che cos’è la mafia a Milano e in Lombardia, così almeno poi non ci raccontano che non avevano capito. Stasera per esempio ci sarà Carlo Smuraglia, questo quasi leggendario avvocato che a ottant’anni suonati da un pezzo ancora va in giro per sedi civili e di partito a spiegare diritto e legalità, e a cui dobbiamo fra l’altro la preveggente relazione della commissione di indagine sulla mafia del Comune del ’92. Venite a sentirlo, questo anziano più giovane di tanti giovani…

Non state a sentire invece chi favoleggia che a Sanremo ha vinto il televoto. Ma guarda un po’, questo televoto che finisce sempre per fare quel che piace a Mediaset (Amici) o alla politica (Emanuele Filiberto e quell’immagine da operetta della patria; pazzesco, con Lippi che gli va a fare da spalla, e Pupo che canta con la mano in tasca come fosse Scognamiglio durante il suo discorso di insediamento in Senato nel ’94…). Farò il pasoliniano e ancora una volta dirò: io so, io so che il televoto non esiste (e infatti il computer continua a cambiarmelo in telefoto…). Il televoto è il desiderio del potere, nella combinazione politico-mediatico-lobbistica che esso riesce a esprimere di volta in volta, un idolo, un feticcio orwelliano per chi vive di tivù. Le giurie popolari sono un’altra cosa. E purtroppo in Italia esistono solo per alcuni (pochissimi) premi di paese.

Ah, l’Abruzzo. Che formidabile metafora del potere berlusconiano… Quasi più del Belice con il potere democristiano.

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