Per un amico

Meno uno. Domani a Milano ci sarà la grande manifestazione di Libera per la memoria e l’impegno, con il tam tam degli arrivi che si fa sempre più intenso e generoso. E’ atteso/a anche chi farà la prima manifestazione della sua vita, a diciassette o a cinquantacinque anni. E’ bellissimo. Sarà bellissimo.

Io però oggi sono più povero di ieri. Se ne è andato Bisi, l’amico di una vita. Solo io potevo chiamarlo così senza irritarlo. “Bisi”, che era l’abbreviativo del suo cognome. Agli altri ingiungeva ogni tanto di chiamarlo Franco. Solo ai Gracchi, mi sembra, era stato trasferito, per una sorta di diritto ereditario, quel mio antico privilegio. Compagni di studio in università, al pensionato Bocconi che è rimasta nei decenni la nostra carta d’identità. Compagni di pranzo e di cena in camera sua, per risparmiare: su una tovaglia di Corriere della Sera del giorno prima, con un piatto di fagioli o di ceci riscaldati in tegamino e dell’ottimo pane. Ogni tanto del vino in bottiglie che arrivavano in regalo e subito finivano. Compagni di cene all’osteria, quando i soldi risparmiati si potevano spendere. E poi di ping pong, di pallavolo, di calcio. Di Sinistra progressista, di Collettivo unitario e di Movimento studentesco. Di innamoramenti e corteggiamenti per un anno solo, perché poi arrivò la Biondina, ma fu un anno intenso di sogni e occupazioni. Compagni di vigilanze notturne contro gli assalti e le provocazioni dei fascisti, che accadevano sempre altrove. Compagni di vacanze in campeggio all’Elba, di concerti improbabili nelle stanze bocconiane. Di prese in giro e di sfottò in rima meravigliosi, verso o contro chiunque, autentici pasquini del postsessantotto. Da fare impazzire, per la frequenza allegra e maniacale che ci mettevamo, i nostri sventurati bersagli. Mise su l’Osteria dei Navigli e io sempre lì sono tornato nelle mie sere e notti febbrili. Con i menabò di Società civile in mano o con i progetti della Rete. E i miei nuovi, più giovani compagni di ogni volta e generazione. E Bisi ci ospitava e ci studiava e apprezzava. E poi faceva sconti al banco, all’amico e a quello che l’amico stava facendo. 

Il cuore, accidenti. Il cuore. Se ne è andato d’improvviso e mi è venuto di dire “cazzo, ma almeno una telefonata”. Con quella catenina sottile falce e martello che si era tenuto addosso tutta la vita e mentre dico tutta penso che in realtà sia stata una parte sola. Sì, amici blogghisti, oggi sono più povero di ieri. Dimenticavo: anche lui era figlio di un generale.

Leave a Reply

Next ArticleIl giorno più bello. Quando Milàn l'è un gran Milàn