Pazzie di governo, pazzie di opposizione. E la partita del secolo

Brevi riflessioni all’una e passa di notte. Bella la manifestazione per la Costituzione oggi a Milano. Ho sventolato la bandiera di Libera per un paio d’ore accanto a Lorenzo. Peccato che Cisl e Uil non abbiano voluto partecipare. Peccato che i timori delle etichette, dei recinti, delle appartenenze, finiscano per contare sempre più dei valori. Non so che errori di forma e di diplomazia abbia fatto (se ne ha fatti) la Cgil nell’organizzare questo 2 giugno milanese. Ma chi ha un po’ di mestiere sa sempre come rimediare. Evidentemente non si è voluto. Vuol dire che non si è capito che la situazione è grave per davvero. Un paese che in piena crisi economica e occupazionale, praticamente sull’orlo del baratro dopo migliaia di panzane sulla nostra ottima salute, impiega le sue energie a discutere delle intercettazioni telefoniche, è un paese guidato da pazzi, su questo non ci piove.

Preoccupazione nei toni del prefetto Lombardi a Milano alla tradizionale cerimonia in prefettura. Al suono dell’inno nazionale ho sentito dietro di me più persone che cantavano di essere pronte alla morte perché “l’Italia chiamò”. Ecco, sarebbe bello se questo ardimento venisse messo al servizio quotidiano delle terre lombarde per combattere i poteri che possono infliggere la morte per davvero, ossia quelli criminali. Non saprei dirvi come mi è venuta questa pensata, però mi è venuta. I fegatosi o coraggiosi solo a parole o negli inni mi hanno un po’ stancato. Se sono pronti alla morte difendano un pochino di più la loro patria dai nemici interni.

Sempre in prefettura grande incontro con il mitico Dottor Lucchese, poi questore, ma a lungo dirigente dei servizi di ordine pubblico a Milano ai tempi del movimento studentesco. Secondo me ha più nostalgia lui di me di quei tempi, o quanto meno siamo pari.

E a proposito di tempi, arriva il 17 giugno il quarantennale di Italia-Germania 4-3. Il mio narcisismo è stato ripagato dalla bella citazione di Francesco Merlo -oggi su Repubblica- del mio “La partita del secolo” (edizione Rizzoli), oggi “Quattroatre” (edizione Melampo). Mi stanno invitando ovunque anche per questo, il libro tornerà diritto in vetrina, sezione campionati del mondo, ma temo che riuscirò a dire uno o due sì al massimo. Anzi, uno l’ho già detto alla tre giorni che organizzano a Pavia (18 giugno).

In tema di impegni a rotazione, l’altro giorno a Padova sono rimasto dolorosamente di stucco nel sentire leggere l’ultima lettera di Paolo Borsellino, la celebre lettera mandata all’alba del 19 luglio 1992, appunto, a una professoressa di Padova. Avevo sempre pensato che fosse una lettera normale, affettuosa, come capita a me di mandarne ogni tanto. Invece, per chi non lo sapesse, in quella lettera Borsellino si difendeva cortesemente dall’accusa di non farsi trovare, di non essere disponibile. Con corollario di una lunga risposta a qualche domanda telematica sulle caratteristiche della mafia. Mi sono chiesto se non ci sia un po’ di pazzia (pari a quella dei governanti, per intenderci) nel tampinare arcignamente un magistrato che rischia la vita e che è zeppo di lavoro pur di averlo nella propria scuola. Mi sono chiesto se fosse giusto che Borsellino dovesse dedicare la sua ultima alba a rispondere, difendendosi, a questa professoressa anziché a prendersi un bel caffè o a fumarsi una di quelle sigarette che gli piacevano tanto. Il limite, amici. Ci manca il senso del limite. (P.S. Sono contento che in tanti mi chiedano dei liceali del tour antimafia. Se lo meritano…)

Leave a Reply

Next ArticleStampa libera: vedi alla voce Calabria