Stampa libera: vedi alla voce Calabria

dall’Ansa di oggi, giusto per saperlo

I sedici personaggi della galleria tracciata da Roberta Mani e Roberto Rossi nel libro ‘Avamposto nella Calabria dei giornalisti infami’ (Gli Specchi Marsilio, pp215, euro 17,50), non sono temerari che sfidano la morte, ma persone miti, appassionate del loro lavoro. Giornalisti testardi – spesso precari –  che si ostinano a scrivere cio’ che vedonocon i loro occhi. Gli autori sono anch’essi giornalisti, lei e’ milanese, lui siciliano. Insieme ai personaggi, descrivono  noti insediamenti della ‘ndrangheta con lo  stupore e la curiosita’
narrativa di chi non vive immerso nel contesto sociale di omerta’, di illegalita’, di criminalita’ diffusa, e percio’ non da’ nulla per scontato. 
Il primo personaggio e’ Michele Albanese. Ha 48 anni, è un giornalista del Quotidiano della Calabria. Vive a Polistena (Reggio calabria) e racconta fatti e misfatti della piana di
Gioia Tauro. A gennaio è stato minacciato di morte per avere rivelato implicazioni delle ‘ndrine nei gravi incidenti di Rosarno. Ha riferito particolari che i grandi inviati, gli specialisti del mordi-e-fuggi, non possono cogliere. In quelle sfumature a volte c’e’ la la notizia, c’e’ la chiave per capire veramente fatti e retroscena. Ed e’ naturale che  queste notizie non piacciano a chi ha le mani in pasta, a chi si muove nella zona grigia in cui ‘ndrangheta, politica e imprese si stringono la mano e fanno affari. ”Dite ad Albanese di smetterla di scrivere di Rosarno”, hanno scritto in una lettera anonima con tanto di croce mortuaria sul suo nome inviata al suo giornale.
Antonio Sisca, corrispondente della ”Gazzetta del Sud” da Filadelfia (Vibo Valentia), invece, e’ stato minacciato perche’ si ostina a raccontare le storie di lupara bianca del Vibonese -Lametino, dove si contano 43 desaparecidos. ”La ‘ndrangheta non vuole che se ne parli”, spiega. Lo sa, ma non desiste.
Angela Corica, 25 anni, scrive per ‘Calabria Ora’ da Cinquefrondi (Reggio Calabria). Ha avuto il torto di scrivereche al suo paese la raccolta differenziata era una finzione
amministrativa che serviva a pagare qualche ditta e ad avere qualche sovvenzione, in realta’ i rifiuti venivano dati alle fiamme nel luogo di raccolta. L’hanno ‘avvisata’ con 5 cinque colpi sparati contro la sua macchina.
Le altre storie sono simili: riguardano giornalisti di varie
testate, di vario orientamento politico. Si chiamano Michele Inserra, Giuseppe Baldessarro, Filippo Cutrupi, Antonino Monteleone, Francesco Mobilio, Alessandro Bozzo, Fabio Pistoia, Agostino Pantano, Agostino D’Urso, Leonardo Rizzo, Giuseppe Baglivo, Antonio Anastasi, Lino Fresca. Ad accomunarli e’ la sindrome della trasgressione di una regola non scritta, ma nota a tutti: che certe cose i giornalisti devono fingere di non
saperle.

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