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Fumetti e Accademie: quando sono soddisfazioni
Bene, ogni tanto arrivano anche le soddisfazioni. La prima l’ho avuto stamattina a Roma, alla sede della Federazione nazionale della Stampa. Ho partecipato alla presentazione di un bel fumetto su Pippo Fava. L’hanno sceneggiato e illustrato Luigi Politano e Luca Ferrara, due giovani di talento legati a daSud, un’associazione che non conoscevo e che unisce chi, partito dal sud per lavoro, non intende comunque abbandonarlo nelle mani delle cosche. Editore Round Robin. Hanno già realizzato un fumetto su don Giuseppe Diana e ne hanno allo studio uno su Giancarlo Siani. A me lo stile del racconto disegnato è proprio piaciuto: molto fedele e al tempo stesso stupendamente ricco di suggestioni. Naturalmente è stata un’occasione per la classica rimpatriata: Elena e Claudio Fava, Miki Gambino, Sebastiano Gulisano, in rappresentanza di una redazione che fu la speranza di un pezzo d’Italia. Nella pagine finali si trova la riproduzione delle indimenticabili frasi dette da Fava nell’ultima intervista a Enzo Biagi. Ero anch’io in studio, dicembre ’83 a Lugano. Ascoltai Fava, affascinato quanto le redattrici che pendevano dalle sue labbra; non l’avevo mai incontrato di persona. Quando ci lasciammo a Milano mi batté una mano sulla spalla e mi disse: “non saprai mai chi ha fatto uccidere tuo padre”. Restai di sasso, ma capii che me l’aveva detto per consolarmi. Non immaginava -credo- che sarebbe stato ucciso dopo qualche giorno. Al tavolo, stamattina, c’era anche Alberto Spampinato, fratello di Giovanni, altro giornalista ucciso in Sicilia. Alberto guida “Ossigeno”, del quale pure non avevo mai sentito parlare (visto che ad andare in giro si impara?). “Ossigeno” è un osservatorio della Federazione della Stampa sui giornalisti minacciati. Solo quest’anno se ne contano cinquanta casi, con una spaventosa concentrazione in Calabria. Per noi sono praticamente quasi tutti dei perfetti sconosciuti e la cosa mi pare ingiusta; mi inquieta, anzi.
Seconda soddisfazione. Finalmente l’Accademia di Brera ha acconsentito a trasferirsi in buona parte alla caserma dismessa di via Mascheroni, elegante zona del centro di Milano. Dico “finalmente” perché l’idea era stata mia quando ero sottosegretario e mi ero trovato davanti a un piano pazzesco di trasferimento dell’Accademia in zona Bovisa. Qualche blogghista affezionato lo ricorderà: il ministero avrebbe dovuto pagare un affitto colossale prima ancora che gli edifici venissero costruiti. Avrebbe dovuto pagare due milioni all’anno un prato incolto. Sul “Corriere” venivo attaccato come quello che bloccava il progetto della Grande Brera e in realtà stavo solo fermando un immenso spreco di denaro. Con l’aiuto di Arturo Parisi ministro alla Difesa scelsi la più bella delle caserme dismesse. Per non andarci, a Brera si inventarono ogni palla possibile: anche che in caserma c’era l’uranio impoverito. Ora la vicenda si è chiusa. Danno il merito alla Gelmini. A me basta che i miei amici ricordino che ho fatto risparmiare allo Stato una somma equivalente a quella necessaria a costruire diciassette (!!) scuole elementari di medie dimensioni. Il che ci dà pure qualche informazione su come vengano spesi i pubblici denari, sul perché si allarghi il debito pubblico e su come nascano e prosperino le cricche. E su chi paghi i “sacrifici” in questo paese. Ma la pianto qui. Vittoria grande fu, quasi come quella di Italia-Germania (a proposito, ho già accettato il secondo e ultimo invito: il 17 alle 18 allo spazio Oberdan, dove per un mese ci sarà una mostra sulla partita del secolo…). Auguri a Patrizia la Monella.
Nando
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