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Diario da Lisbona/2. Obrigado (e sull’Italia parole concise)
Continua diligente il resoconto da Lisbona per gli amici della Rete (ovvero i benefattori che mi hanno regalato questo magnifico “viaggio per due” per il mio compleanno). Seconda puntata, dunque. Per Lisbona si aggirano dei turisti un po’ caproni. Come il sottoscritto, per esempio, che sentiva “obligado” quando qui si dice “obrigado”, come mi ha subito avvisato la provvida Alessia gettandomi nel raccapriccio. Si vede che ho la propensione a parlare quello che qui chiamano spregiativamente il “porgnol”: ossia un portoghese imbastardito di spagnolo. A Lisbona ci sono ancora i lustrascarpe, eredi di un mestiere antico e di umile sapienza. A Lisbona se vai al bar e ti siedi a un tavolino non ti portano lo scontrino insieme con il caffè o la birra. Non ti intimano cioè di pagare subito come a Milano o Roma. Qui signorilmente lo scontrino lo portano dopo, e anzi lo devi chiedere. Pensierino: è bello ogni tanto non sentirsi trattare come un potenziale rapinatore. A Lisbona in molti musei si entra gratis, si vede che non li hanno ancora avvertiti che “in tutta Europa la cultura si paga, e salata”. Di più: a Lisbona puoi entrare negli hotel e nei ristoranti senza essere cliente ma solo per ammirare (gratis) i panorami da terrazze e vetrate. Nessuno ti insulta, e anzi i camerieri ti guardano orgogliosi e con gentilezza. Così come con gentilezza ti invitano, nei musei, a spegnere i telefonini; e se non lo fai, sempre con gentilezza, ti accompagnano fuori.
Anche a Lisbona ci sono quelli che definiremmo gli enti inutili: direi che perfino un italiano può avere un sussulto ironico quando vede che esiste un Istituto per il soccorso ai naufraghi. A Lisbona i grandi navigatori vengono rappresentati come “scopritori”, mentre in Spagna sono “conquistatori”. Non so se sia il senso di colpa per le stragi perpetrate dai propri antenati in Brasile (e non solo) a produrre questa modestia semantica, però la cosa in sé mi piace. A Lisbona c’è la grappa di Capo Verde, buonissima. E nel suo golfo nuota e si pesca anche, dicono, la cernia con la carne migliore d’Europa. Sicuramente a Lisbona c’è oggi la festa nazionale. Non si celebra una vittoria ma Luis de Camoes, il Dante Alighieri locale, sedicesimo secolo. Bello che la festa nazionale sappia di cultura e letteratura e non di baionette. A Lisbona c’è pure una pista ciclabile di 23 chilometri, che accompagna tutto il lungomare fino e oltre Belem, quartiere marino dal fascino superiore,
A Lisbona, quando ci sono le feste, il centro storico diventa alla sera un’unica tavolata con musica. Uno spettacolo stupendo per salite, scalinate e piazzette. Praticamente ogni casa privata che dà sulla strada allestisce all’esterno una tavolata o un banco e serve vino, o birra, o sangrìa, e sardine e salsicce e insalata. E poi mette musica e la gente balla e i ragazzi o le vecchie cantano ai microfoni e viene fuori una magia che sembra d’altri tempi ma che in realtà non hai mai visto in nessuna stagione della vita. D’altri tempi c’è solo la voglia innocente di divertirsi pagando poco. Il piacere di parlare con il vicino che non hai mai visto prima. Basta chiedere un’informazione e ci si racconta la vita. A Lisbona il sole tramonta alle nove e mezzo. E allora la sua luce si fa ancora più obliqua. Come vedete, benefattori cari, mi avete fatto un bel regalo. Obrigado io, obrigada la biondina.
(P.S. Su quello che sta succedendo in Italia, dispensatemi dal parlare…Achtung banditi…)
Nando
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