Qui Calcio-Blog. Ecco i voti dell’Italia

Commento in tempo reale a Italia-Nuova Zelanda. Gioco penoso. Lo sapevo già, me lo sentivo, che sarebbe andata così. E infatti sono stato trascinato davanti alla televisione dalla biondina, mentre scrivevo la presentazione dei brani di Giuseppe Alongi per la mia antologia sui classici dell’antimafia. Mi sbilancio, sperando di sbagliare. Questa nazionale è al livello di quella dell’86 e di quella del 2002, anzi un po’ sotto. Piedi grezzi e poco fosforo. Non so se dar la colpa di tutto a Lippi, però una nazionale così l’ha voluta lui: infarcita di juventini nel peggiore anno della Juve, senza Totti, Cassano e Balotelli, ossia i migliori fantasisti del campionato. L’attenuante di Pirlo non basta. Fra l’altro il rigore su De Rossi non c’era. L’onestà intellettuale incomincia nel calcio. E la nostra tivù, fatto il primo replay, ha pietosamente evitato la ripetizione della scena. Pudicamente Bagni ha elogiato De Rossi per “avere trovato il rigore”. Poi il suo collega ci ha messo del suo continuando a chiamare Criscito “Crescito”. L’allenatore della Nuova Zelanda in giacca e cravatta e Lippi in tuta rossa. Non vuol dire niente, ma salta all’occhio.

Salta al cuore invece la morte di Roberto Rosato, il mitico angel-face di Gianni Brera, lo stopper che per la sua durezza faceva paura ai tedeschi e ai polacchi. E’ stato un grande giocatore, dal Toro al Milan alla nazionale. E visto che di pallone parliamo, vi dirò che la sera di venerdì, celebrando a Pavia i quarant’anni del 4-3 di Italia-Germania mi sono ritrovato sul palco al fianco di Schnellinger. Chi l’avrebbe mai detto, in quel giugno del 1970, che quarant’anni dopo mi sarei trovato accanto al tedesco traditore che ci aveva segnato il gol del pareggio all’ultimo secondo (fu proprio Rosato a sibilargli: “tu in Italia non ci torni più”)? Devo dire che è pure simpatico, e d’altronde se oggi raccontiamo “la partita del secolo” lo dobbiamo a lui. Se no sarebbe stata una comune semifinale vinta con gol di Boninsegna e catenaccio. C’era anche Gori, a Pavia. Sì, Bobo, il centravanti che per sfondare davvero dovette passare dall’Inter al Cagliari e vincere subito lo scudetto accanto all’inarrivabile Gigi Riva. E’ in forma perfetta, asciutto, capelli brizzolati, sportivo, dimostra quarantasette-quarantotto anni. Mi ha anche detto “macché partita della storia (lui in Messico giocò), la storia l’hanno fatta persone come tuo padre”. Questo senso della misura in un divo degli stadi fa piacere. E fanno piacere gli applausi sempre riservati -e riservati anche a Pavia- alla memoria di Giacinto Facchetti, portato simbolicamente sul palco venerdì dal monologo teatrale del figlio Gianfelice. E qui chiudo. Prima però vi infliggo le mie votazioni, in trentesimi, guarda un po’: Marchetti s.v. (ma con coppino spazientito); Zambrotta 26, Cannavaro 21, Chiellini 21, Criscito 23; Marchisio 21, De Rossi 26, Montolivo 26, Pepe 22; Gilardino 18, Iaquinta 21 (per il rigore). E in più: Camoranesi 27, Pazzini 19, Di Natale 23. E ora sotto la Slovacchia.

P.S. Oh, quando c’è B. al governo non va bene nemmeno il calcio…

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