Il miracolo delle donne limpide

Il Fatto Quotidiano

4 luglio 2010

Nessuna foto farebbe giustizia della loro gentilezza o dell’allegria leggera. Di come accolgono alla stazione, tutte insieme, i loro ospiti -intellettuali italiani, esperti di traffico svizzeri, ragazzi di Locri-, per portarli in albergo o nel luogo del convegno con le biciclette al traino, quasi fossero una pattuglia di ciclisti di scorta. Chi ha a noia la politica venga qui. A conoscere “quelle della lista civica”, cosi dette perché questo è l’unico caso in Italia di lista elettorale che il problema delle quote rosa proprio non sa che cosa sia. Simona (Simonetti), Tiziana (Bonora) e Angela (Fedi) fanno parte del gruppo di donne che a Finale Ligure hanno deciso che la politica dev’essere un’altra cosa. “Ma no, gli uomini li abbiamo”, assicurano, “certo che ne abbiamo candidati, mica diciamo cose solo per donne. Però, certo, quelle da cui è partita l’idea siamo noi. Fu una sera dell’anno scorso a casa di Tiziana. Ci trovammo per discutere chi candidare, ci trovammo quasi tutte candidate”. Già, in questo punto della Liguria in provincia di Savona dove la sinistra ha visto andare quasi a picco la sua forza elettorale, le tre amiche e altre insieme a loro hanno deciso di lanciare una sfida. “Per Finale” è diventato il loro nome collettivo: non troppo fantasioso ma anche al riparo dalle involontarie comicità di questi casi. Basta con l’aggressione alla costa e al territorio, qui è già tutto costruito, rimangono appena due scampoli di spiaggia libera. Trasparenza nell’amministrazione. Politica come servizio agli altri. Partecipazione come la voleva Gaber, i cui famosi versi sul ‘volo di un moscone’ campeggiano sul sito della lista. Lotta all’illegalità e alla malavita di cui arriva pesante il fiato da Ponente. Solidarietà. Cose che dicono in tanti. Ma loro devono averle dette in modo particolare. Perché le liste civiche, se non sono il vestito da festa di un partito o non fanno demagogia a manetta, in genere si prendono il loro ottimo due per cento e poi si leccano le ferite. Loro invece sono andate oltre il nove. E, pur svantaggiate dal sistema elettorale dei comuni sotto i quindicimila, si sono prese un consigliere (donna, naturalmente) e solo per una quindicina di voti non ne hanno preso un altro (sempre donna, naturalmente).

Simona, occhiali colorati e capelli a caschetto, è l’eletta, quella che viene salutata per strada come consigliera, che va a chiedere ai vigili come mai aspettino in stazione i venditori di mercanzie da spiaggia. A metà mandato si darà il cambio con la bella faccia disneyana di Tiziana; già tutto deciso tra lo stupore degli elettori (altrui) che immaginavano che queste cose le dicessero solo per raccattar voti. “Il fatto è che qui la politica si è sempre espressa come forza di partito. Che possa avere l’aspetto di persone semplici e libere e senza ambizioni di carriera dev’essere sembrata una novità. Certo, ci hanno votato perché ci siamo sempre date da fare, perché un storia qui ce l’abbiamo, evidentemente non brutta.”  In effetti i segni sono tanti. L’albergatore che gli offre il tre stelle per famiglie per le riunioni, e non sarà un caso che sia l’unico albergatore ligure disposto ad ammettere che con il suo mestiere si guadagna benino. Il bagnino che gli fa trovare già pagato il caffè del mattino in riva al mare. Il locale con solida fama conservatrice che mette a disposizione il suo spazio con terrazza sulla spiaggia per l’incontro della sera, se no la gente non ci sta tutta. Il pizzaiolo che tiene aperto per loro a tarda sera. Tessuto cittadino insomma. E mestieri diversi. Informatica Simona, bottegaia “equa e solidale” Tiziana, e Angela, figlia dello storico lattaio del centro, che è andata a insegnare psicologia all’università di Torino e ora fa avanti e indietro.

Tessuto cittadino e battaglie semplici. Quella in corso è per ottenere una commissione d’inchiesta sullo stato della depurazione. Questione di trasparenza, ma la giunta di centrodestra non ci sente. L’altra è contro i piani di proliferazione edilizia. “Mille seconde case”, denunciano alla cittadinanza, “altri quattromila abitanti, sono un paese come Spotorno, che fine farà Finale?”. Hanno pure le tipiche passioni che provocano risolini in chi pensa solo all’economia e al turismo di massa, come quella per la campanula finalese, “un fiore blu unico”. Ma al dunque la loro filosofia di vita si riassume nel programma delle tre “R”, contrapposte alle celebri tre “I”: Ricicli, Riusi, Recuperi. “Vogliamo una politica rispettosa”, spiegano citando Remo Bodei e il suo principio che siamo tutti “ospiti della vita”.

Davvero chi pensa alle donne in politica come amazzoni loro malgrado, chi pensa che qualche lontana teoria sulla solidarietà femminile fosse solo una malinconica utopia, trova qui l’occasione per ricredersi. Può camminare scortato (o scortata) dal drappello di cicliste che si accalorano sul consiglio comunale e vedere spuntare un cestino di albicocche “dell’orto di mia madre” da distribuire durante il passeggio, o limoni biologici grandi come meloni, che “si mangia anche la buccia”. La Liguria che si studiava sui libri delle elementari, che difende paesaggi e sapori; che cerca, senza snaturare nulla di sé, di tuffarsi nel mondo multietnico della globalizzazione; che vuole ricacciare indietro i clan che arrivano dalla Calabria e mandano fragor di armi da pochi chilometri di distanza. Ecco, quella Liguria qui ha sembianze femminili. Dai trentanove anni di Angela ai cinquanta di Simona. Dai trenta di Francesca, con il suo progetto di fattoria didattica, ai settanta di Mariella, la più anziana, protagonista di tante battaglie e che ancora non smette.

Leave a Reply

Next ArticleI ragazzi di Volvera, i diritti di Genova. E la vittoria di Davide