E finalmente Stromboli. Con terremoto incorporato

Oh, da ieri sera finalmente a Stromboli. Viaggio lungo e movimentato. Ci mancava il terremoto poche ore prima di arrivare. Così all’attracco a Lipari c’era una massa di gente variopinta che prendeva gli aliscafi per andarsene, mentre a Stromboli, dove la gente che viene è normalmente di un’altra pasta, folle di turisti si sono piazzate all’osservatorio sotto il vulcano in attesa di provare il brivido dell’eruzione e dello scossone. Fra l’altro Iddu tace da ieri pomeriggio, e nemmeno manda segnali di fumo. Il che non è tranquillizzante. In ogni caso, pur stando sul molo a Lipari per tre quarti d’ora, vi posso garantire in fede mia che non c’era nessuno Schifani a “coordinare le operazioni” come ho sentito dire al tiggì, lui inquadrato con occhiali da sole che pareva Topolino all’opera con il commissario Basettoni. E nemmeno ho visto la Prestigiacomo affaccendata tra i turisti o impegnata a tenere su i costoni in bilico. E oggi, poveretti loro, gli capita pure Bertolaso, che arriverà dai cieli in divisa da marinaretto e aria da Nembo Kid per salvare tutti. Forse la cricca di Anemone sperava in qualcosa di meglio, ma devono mettersi il cuore in pace: non è crollato granché. Comunque appuntamento davanti al tiggì1: pregusto immagini epiche, mezzo governo impegnato a contrastare le furie della natura.

Ciò detto spezzo una lancia per la zona della Sicilia dove sono stato: Menfi, Sciacca, Caltabellotta (che sul sommarietto del Fatto del mio racconto qui accanto è diventata Caltabella…). Conosciuto un imprenditore che si è visto giungere per dei lavori in casa sua un tale che portava una scritta sul giubbotto: Messina Denaro. Gli ha detto: “minchia, porta un cognome impegnativo”. E quello: “e’ mio cugino (o cognato, non ricordo), è una persona per bene”. “Sarà per bene per lei, per me no”, e lì ci ha chiuso il rapporto. Bene bravo bis, una volta sarebbe stato impossibile.

Conosciuta però soprattutto una strepitosa guida turistica a Burgio. Una signora che parlava un misto di italiano e agrigentino, rotonda ma davvero rotonda, sembrava messa lì da Fellini o da Verdone, con l’aria sorridente, non le pareva vero di avere quattro turisti (e, vista la chiesa, ci credo). Dedicandosi di cuore ai suoi ospiti ha dunque iniziato: “Ora vi racconto tutto. Questa è una chiesa a tre navate: questa qui dove siamo, quella alla vostra destra e quella alla vostra sinistra…”. Poi ha raccontato dei miracoli fatti da ogni santo od ogni Gesù dipinto. “Questo è chiamato dell’albero, perché una volta trovarono una mucca inginocchiata davanti a un albero che lo pregava, e lo videro chiaramente…”. “Questo Cristo è miracoloso, ha guarito un sacco di persone, e infatti lo festeggiamo facendo nel giorno…una bella processione che poi alla fine la gente mangia pane e formaggio”. “Però venite, vi faccio vedere quest’altro Cristo che è più miracoloso, è meglio…”. Ascoltavo e pensavo che nessun progetto di ricerca di antropologia religiosa mi avrebbe mai consentito di incontrare una persona così fantastica (e così gentile che l’abbiamo ricompensata con gioia). Già, bene la Sicilia del sud, dove lascio il ricordo della più buona pasta ai ricci della mia vita (Palo Alto) e di Alfia, una cagnetta che ci ha adottato e che nella sua breve vita deve avere preso una montagna di botte. In due giorni è passata dal terrore di essere avvicinata allo scodinzolio folle a vederci. Perfino la biondina, che vuol bene ai cani ma non si azzarda a toccarli, le ha dato pane e latte motu proprio. Merita un premio. Anche perché oggi è il suo onomastico e al sud si usa festeggiarlo. (A proposito, il vulcano ancora tace…)

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