Stromboli. La cultura vien da Prato

Il Fatto Quotidiano

22 agosto 2010

Ce la portò Cupido. Fu per causa sua che giunse nella Stromboli leggendaria e che eccita i media ad ogni estate. E’ arrivato Napolitano, le passeggiate del presidente e della signora Clio. Il terremoto a Lipari, coinvolta anche Stromboli, già sommersa anni fa dall’onda anomala. E il libro di Lidia Ravera su Stromboli, prima domanda al tg1 “Ma è un’isola di sinistra?”. Di lei però non parla mai nessuno. Lei è Chiara Bettazzi, cinquant’anni, precaria nella scuola dell’infanzia. Toscana di Prato. Da lì è venuta via nel ’94 e lì è tornata nel 2007. Ma solo per lavorarci fino a primavera. Poi vince sempre il suo grande sogno: fare cultura a Stromboli. Praticamente gratis.

Già, perché la cosa curiosa è che l’isola pullula di intellettuali, professionisti, manager (leggono molto più “Repubblica” del “Giornale”, è vero), artisti, giornalisti, politici. Ha un tasso di qualità culturale altissimo, da dietro i muretti bianchi delle case senti uscire conversazioni dotte, universitarie. Ma se non ci fosse Chiara, la timidissima signora toscana, la cultura qui non l’organizzerebbe nessuno. La sua biografia? Il classico, due anni a medicina, un altro tentativo a psicologia, e infine la resa. Più degli studi all’università le piacevano i libri. Molti lavori precari, anche nel pubblico impiego, fino all’ingresso in ruolo nel comune di Prato, nell’89. Ma nessuna ideologia del posto fisso. Nemmeno cinque anni e si era già licenziata. Innamorata persa di uno strombolano, l’ha seguito sull’isola. E dell’isola si è innamorata, se possibile, ancora di più. “Volevo staccare, a Prato ero la figlia dell’assessore, qui mentre mi avvicinavo con la nave sentivo che stavo trovando la vera casa. Prima ho aiutato il mio compagno, fa la guida su al vulcano. Quindi abbiamo messo su un bed & breakfast. Poi ho pensato di aprire un luogo di cultura, qui non c’era nulla. Un solo giornalaio che per arrivarci molti villeggianti ci mettevano venticinque minuti-mezz’ora. Nessuna libreria, nessun luogo di ritrovo pubblico, né cinema né altro. Davvero non ne sentono la voglia?, pensai dei tanti intellettuali”.

“Misi su il luogo, inizialmente era solo una libreria. Libri nell’isola. Era la mia passione da ragazzina, avevo avuto una zia che faceva la libraia all’Elba. Mi arrangiai da sola. Un prestito d’onore con Sviluppo Italia. Il proprietario del locale, uno strombolano che vive a Firenze, fu disponibile. Dovetti ristrutturare tutto, erano rovine e sterpaglia. Feci il corso di Messaggerie per librai, quello di Venezia. Erano tutti eleganti, io ero dimessa, uscì pure un buffo articolo sulla ‘Stampa’ sulla libraia-cenerentola”.  

Poi in pochi anni è cresciuto il miracolo. In mezzo alla strada che va dal porto a Piscità sorge ora un centro di cultura che riunisce ogni giorno in conversazione, tra gatti e gattini nel giardino o nel salottino esterno, persone che arrivano da ogni parte d’Italia. Ci sono finalmente i giornali, su cui lei non guadagna un centesimo, perché la licenza pare che spetti a uno solo e non c’è stato verso, e quindi li compra a sue spese e soddisfa le ordinazioni dei turisti. C’è finalmente un cineforum, con proiezione fissa al mercoledì del celebre (e terribile…) “Stromboli” di Rossellini con Ingrid Bergman protagonista, un cult che fa sempre il pieno. E altri film “su cui ogni tanto devo seguire i gusti del pubblico, l’altra sera ci ho messo Di Caprio ed era zeppo”. E presentazioni di libri, gli autori di passaggio lo fanno volentieri, Gianrico Carofiglio, Gaia Servadio, Marcello Sorgi, Patrizia Zappa Mulas, Corrado Bizzarri, “che fu un successone con il suo ‘Criminali o folli’”. E internet, su cui fa pagare quasi nulla ed è una pacchia per tutti. “Sì, il presidente viene a farmi visita ogni tanto, la signora Clio quest’anno è venuta a comprare dei libri, sono una coppia discretissima”.

“Perché non abito più a Stromboli? Perché l’amore è finito. Capita, no? Così sono tornata a Prato. Quest’anno ho avuto una supplenza annuale nella scuola per l’infanzia. Bellissima esperienza. Amo i bambini, sarei incapace di sgridarli. Perciò qualche volta ho avuto da ridire con le mie colleghe, ma questo non lo scriva se no mi brontolano”. A fine primavera, irresistibile, il richiamo di Stromboli. La voglia di organizzare cultura nell’isola amata, tra i quadri in stile Jurgen, il pittore del vulcano e delle case bianche, tra persone che guardano, chiedono e non sanno della gratuità di quanto ricevono. “L’esperienza più bella? Ogni volta che qui si fanno letture accompagnate dalla musica, all’ora del tramonto. E’ impagabile. Sa, io ho studiato pianoforte”. Intorno, libri rari. “Il più raro è questo, ‘Armin Wegner e gli armeni in Anatolia’. Wegner era uno scrittore e giornalista tedesco che capì tra i primi dove Hitler avrebbe portato la Germania, suo figlio Misha ora sta qui a Stromboli”. Il nome dell’isola è ovunque, nel locale a due piani. Vende “Acciaio” della Avallone o “Hanno tutti ragione” di Sorrentino ma il reparto del cuore è quello di Stromboli, grande quanto lo è nelle altre librerie quello di Berlusconi. Ovviamente primeggia la Ravera. Ma è un repertorio infinito: “L’isola felice”, “Raccontami di Stromboli”, “Stromboli la casa dei girasoli”, “Il mare di pietra”. Il lettore si accorge che esiste addirittura una casa editrice Strombolibri. Tutta roba che si vede, in fondo, perché qui al servizio di tutti c’è lei, la volontaria dall’accento toscano, “mi hiamo hiara”, che a ottobre tornerà a Prato. Per guadagnarsi la vita da precaria.  

Leave a Reply

Next ArticleLa classe operaia va in paradiso