La Grande Mela della Val di Non

Il Fatto Quotidiano

14 novembre 2010

E per Carnevale una bella gita ad Auschwitz. Sembrerebbe una battutaccia. Da perfetto manuale su “sinistra (o cattolici) e gioia di vivere”. Il signor B. ci costruirebbe un repertorio di barzellette delle sue. Invece lo faranno davvero. E bisogna pure metterci su il numero chiuso tanti sono i ragazzi che vogliono partecipare. Qui alta Val di Non, provincia di Trento ai confini con quella di Bolzano. In questi comuni nella prima guerra gli abitanti venivano arruolati a forza tra gli austriaci per combattere contro gli italiani. Ora i loro discendenti si interrogano sullo stato dell’Italia e pensano che occorrerebbe ricostruirla daccapo. Bisogna parlare in terza persona plurale però alla fine salta sempre fuori, come in tutte le umane vicende, colui (o colei) che tira il carro davanti a tutti. E che fa pure da seminatore. Giorgio Giuliani ha una bella faccia di montagna, gli occhi azzurri e un fisico antiscippo. Incominciò a immaginare progetti per i giovani quando era assessore alla cultura a Romeno, un comune di settecento persone. “La mia frazione, Malgolo, ha gli abitanti del suo condominio”, si schermisce come a miniaturizzare la propria esperienza, appena vede uscire un taccuino e una penna dalle tasche dell’ospite. “Ero diventato assessore alla cultura e mi chiedevo che cosa potessi fare io per il mio paese. Mi resi improvvisamente conto che un comune pensa ai suoi abitanti dalla cintola in giù. Rifare le strade, la nettezza urbana, tenere a posto le fogne…Ma alla parte sopra la cintola chi ci pensa?, mi domandavo. Chi costruisce qualcosa per la testa e il cuore? Sa, perché uno dice ‘guarda che bella biblioteca che abbiamo, diecimila volumi’ oppure ‘che bella scuola moderna che abbiamo fatto’, qui siamo bravi a farle, e va bene. Ma poi dentro la biblioteca o nella scuola che spirito c’è?”.

Il progetto giovani della Val di Non è nato così. E ci si sono messi insieme nove comuni, per realizzarlo. Nomi italici e nomi esotici: Amblar, Brez, Cavareno, Cloz, Dambel, Don, Fondo, Malosco, Sanzeno. E anche il decanato di Fondo, che i preti da queste parti ci stanno sempre bene. Ogni anno, da sei anni, un lungo percorso formativo sui temi della contemporaneità e della memoria che si conclude con un viaggio di una settimana in un posto significativo. Un’idea italiana (precisiamo: dell’Italia migliore di questi anni) ma applicata alla tedesca. Perché partecipano centinaia di ragazzi e ogni comune registra la loro presenza effettiva agli incontri. Appello come a scuola e se non si raggiunge il settanta per cento delle presenze, niente viaggio. Anche la cultura richiede regole da queste parti. “Guardi, l’unico desiderio è di farli vivere meglio. I giovani sono giovani dappertutto. Ma in città o da Trento in giù hanno un sacco di divertimenti a disposizione. Cinema, teatri, concerti. Ma qui? Qui l’alternativa dal tramonto in poi sarebbe tra la televisione e girare al buio in motorino senza meta. Allettante, no? Perché i turisti vengono, guardano il paesaggio e sospirano ‘beati voi’. Noi però restiamo qui tutto l’anno sparsi per le montagne senza luoghi di cultura e di incontro. Per questo le occasioni vanno costruite in proprio. E quando lo facciamo bisogna piazzarsi in un angolo e osservare le facce dei ragazzi. Sono il ritratto dello stupore: è come si trovassero davanti a due mondi diversi, paralleli, inconciliabili. Quello della televisione e quello che viene fuori dalle testimonianze o dai film o dai racconti”. “Eccoli lì. Guardi la fila di motorini, sono loro che vanno all’incontro. Sembrano degli scavezzacolli se li vede tutti uno dietro l’altro a quest’ora di sera, invece vanno a nutrirsi la testa”.

“E’ importante che questo progetto abbia dietro i comuni. Perché in Italia si sta perdendo il senso delle istituzioni e noi cerchiamo di ricostruirlo dal basso. Sa che cosa vuol dire per loro sapere che dietro questo sforzo ci sono i ‘loro’ comuni? Una volta un sindaco mi ha confessato che la sua più grande soddisfazione dal momento dell’elezione l’aveva avuta su un pullman durante uno dei nostri viaggi. Un ragazzino gli aveva detto ‘ma lo sai che non lo sapevo che eri il mio sindaco?’. Poi certo c’è anche il don Mauro che li sa stimolare, che ha un grande ascendente su di loro”. Vero. Il don Mauro, quando lo vedi, sembra un bravo con baffi e barba tra labbra e mento e un gran ciuffo nero che ciondola ribaldo verso destra. Ma è dolce e premuroso verso i suoi più giovani parrocchiani. Amministra le anime di sette comuni. Se la intende alla perfezione con i sindaci e con l’associazione degli alpini, che qui sono una potenza. Una cosa così in Italia è davvero una rarità: un gruppo di comuni che si prende cura della “testa” dei cittadini più giovani. Poi nel viaggio arriva l’esperienza più coinvolgente. A Bruxelles al parlamento europeo. Nei paesi baschi, perché la cooperazione di lì ha un accordo con la cooperazione trentina. A Barbiana. A Berlino, “nel cuore dell’Europa”, dove andarono in trecentocinquanta (mai più, giura Giorgio, non riuscivo a tenerli). E ad Auschwitz, appunto, nell’unica settimana possibile, quella di Carnevale. Andranno anche a Czestocowa, a ripassare Wojtyla, Walesa e la lotta dei cattolici contro il regime comunista polacco.

“Eh, come ci finanziamo…Un po’ aiuta la provincia di Trento, un po’ le casse rurali, che qui sono molto vicine a questi progetti. Qualcosa i comuni. Poi, naturalmente, una quota la pagano loro. Perché vuol sapere il mio mestiere? Faccio il maestro, ma questo non c’entra niente. E’ che stare coi giovani è la cosa che so fare meglio…”

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