Compravendite, l’onorevole La Macchia e la solfa del ’77

Grazie, grazie a questo meraviglioso pubblico. Che si allarma, congettura e si mobilita quando Aruba mi chiude il blog. Ah, quanto mi sento benvoluto in queste occasioni… Quello che non capisco è perché Aruba, invece di tirarmi giù la serranda d’autorità quando è scaduto qualche pagamento, non mi avverta (me come tutti i clienti) cinque o sette giorni prima automaticamente. Non si fa, Aruba, non si fa. La prossima volta cambio.

La prossima volta non cambia invece B. Che per stare in sella continuerà a comperare deputati e senatori perché ormai deputati e senatori sono perennemente in vendita. D’altronde piombano in parlamento senza avere mai fatto un fico di politica o di battaglie civili. I posti in lista vengono dati come giocando ai bussolotti. Le figurine di Veltroni, i signor nessuno di Di Pietro, i praticoni di centro. In Calabria hanno appena arrestato per ‘ndrangheta Bonaventura La Macchia, lista Dini (dunque dei nostri) nel ’96. Ma quando si tornerà a mettere in lista solo gente fidata? Non ci vuole nessuna legge. Ci vuole un’altra cosa: chiamatela cervello, anima, cuore, palle, come volete, ma non te la dà nessuna riforma.

Così come nessuna riforma Gelmini ci darà una università finalmente fondata sul merito. Per quella ci eravamo battuti anche noi; intendo noi con Mussi, che forse ascoltava troppo il sindacato. Ma se merito dev’essere (e dev’essere) non capisco perché si tarpino le ali ai più meritevoli. Perché non si abbia il coraggio di dire che a qualsiasi età si può essere mandati via per improduttività didattica e di ricerca, per la colpa (grave) di abbassare il valore degli studi pubblici. Non capisco perché si diano i soldi a quello scandalo nazionale che sono le università telematiche. Perché non si affondi il coltello nelle facoltà del malaffare. Quanto ai giovani, mi sembra davvero assurdo andare a misurare le loro ragioni in base a ciò che dice questo o a quell’articolo della riforma. I movimenti non nascono mai per contestare un articolo o un comma. Nascono a volte da convinzioni lungamente maturate, altre volte (come oggi) da percezioni istintive e profonde: ad esempio quella di avere davanti un governo che non ama la cultura, i beni culturali, la scuola pubblica e l’università pubblica. E che lo dimostra a ogni parola che dice, a ogni schizzo verbale di demagogia che ci butta addosso. Per questo i movimenti odierni sono magmatici e impetuosi. E a proposito: basta con questo stanco parlare di ’68 e ’77. Il riferimento più sensato mi sembra a Parigi o Atene o Londra degli anni Duemila. O no? Se devo essere sincero, anche Saviano, forse (dico “forse”) poteva risparmiarsi quell’editoriale su “Repubblica” in forma di lettera aperta ai ragazzi. Mica perché io sia per i sassi o i volti coperti. Ma perché oggi il problema mi sembra più profondo. Sveglia amici, altro che il ’77, non è nemmeno più Genova 2001. E’ l’assenza di destino per chi non ha una famiglia bella robusta alle spalle, per chi non si vende l’anima o il corpo (e a volte non basta nemmeno quello). L’assenza di diritti in una società che proclama che ce ne sono troppi. Ha scritto uno studente: è vero, dietro un poliziotto che ci picchia c’è una persona con i suoi bisogni e i suoi diritti, ma anche dietro un giovane manifestante indignato che tira uova a volto scoperto, come quasi tutti noi, c’è una persona con le sue speranze e i suoi diritti. Si può smentire?

Intanto si è infortunata, non a una manifestazione ma in casa, la biondina. Patapum e rottura del femore. Operata ieri mattina, per fortuna sta meglio ogni ora che passa. La ragazza ha dei numeri, se no mica faceva i gracchi…

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