Maniero e le buone maniere (e bravo Lucarelli!)

Ho appena finito di vedere Lucarelli sulla banda Maniero, a ragione chiamata “la mafia del Brenta”. Lucarelli è stato bravissimo, come sempre, anche se mi ha dato un leggero fastidio sentire chiamare il boss “pentito”, ossia Felice Maniero, “Felicetto”. Vero, non si fa che chiamarlo come lo chiamavano amici e complici. In fondo, ho pensato, anche Salvatore Contorno lo abbiamo chiamato “Totuccio”. Anche Epaminonda ogni tanto viene chiamato “Angiolino” da giornalisti bravissimi. Si vede però che mi sono fatto più esigente da quando ragiono, o cerco di ragionare, con più scrupolo sulle complicità innocenti. Sull’aura di normalità che scivola addosso come niente ai protagonisti di violenze efferate. Per Maniero era sufficiente non rifornirsi di droga da lui perché decidesse di ammazzare. E in effetti qualche cedimento morale ci sarà se nella nostra storia abbiamo sentito chiamare, senza provare sussulti, fior di delinquenti “la primula rossa”, “il solista del mitra” o “il bel René”.

In ogni caso Lucarelli ha ragione da vendere quando chiede se la mala del Brenta non sia stata del tutto simile a un clan camorristico o mafioso. Vero, non si è riprodotta dopo le grandi retate, il che vuol dire che un diverso rapporto con l’ambiente c’è. Però ne hanno arrestati trecentocinquanta, che con amici e parenti e complici sono un paese intero e mica minuscolo. E però diciamolo: rivedere le interviste di quei “bravi cittadini” di Campolongo che negano la caratura criminale di Maniero, lo difendono, lo presentano come un buon uomo, un po’ schifo ti fa soprattutto se sei paranoico come me, che quel tipo di umanità disprezzo con ogni forza. Giusta, pure, la domanda finale di Massimo Carlotto: e gli uomini dell’economia, delle banche, della finanza che riciclavano i proventi del traffico di droga che cosa fanno, chi sono?

Oggi, dopo l’ennesimo caso in cui ho dovuto chiedere lo scontrino fiscale a un bar della Galleria di piazza della Scala (se n’erano “dimenticati”, toh, e l’hanno pure battuto in modo da impedire di ricondurre la cifra ai due generi consumati al tavolino e al prezzo relativo; scontrino conservato), mi domandavo quale sia davvero il primo, principale problema del paese. Ormai risponderei la maleducazione civica. E non c’è eroismo, purtroppo, che la possa riscattare. In nessuna retorica. Anzi, gli eroi, vivi o morti, ne sono solo la conseguenza. In quella maleducazione civica c’è tutto: l’intolleranza, l’egoismo, l’antistatalismo, il clientelismo, la vigliaccheria, la prepotenza, l’evasione fiscale, la mafia, l’analfabetismo di ritorno, ecc.

Che il 2011 ci liberi da questa cappa morale. Che so, un soffio divino, una scossa elettrica dal Lilibeo alle Alpi (chissà mai se in direzione contraria venga meglio…), un pifferaio magico sbucato da una trasmissione televisiva, un libro magnetico e civilizzatore buttato a milioni di copie da un’astronave. Intanto ognuno faccia quel che può. Oggi ho conosciuto un bimbino di tre anni a cui era stato insegnato a chiamarmi “signor Nando”. Per educazione. Che tutto, alla fine, non passi di qui?

Leave a Reply

Next ArticleMa Libera non è un partito. Su don Ciotti che parla agli amministratori leghisti