Cronache (vere) dal Pd

Benedetti blogghisti! Non vi si può lasciare soli un attimo e già avviate tre-quattro dibattiti per i fatti vostri. Io intanto me ne sono ciucciato uno bello tosto giovedì in direzione Pd. Non male, devo dire. Partito “per riportare il Pd nella realtà dei drammatici problemi del paese, anziché lasciarlo alla autoreferenzialità delle sue lotte interne” (vado a senso, ohibò), è finito nel più classico dei modi. I rottamatori se n’erano andati via in silenzio; e se devo dire, a questo punto, mi sembrano sempre più un fatto virtual-mediatico. I veltroniani-fioroniani se ne sono usciti dichiarando (con Minniti…) di non votare, oggi tengono il lingottino, puntano su quello, sai che goduria. Gli altri si contavano contenti. Bersani sembrava il più saggio, con il suo invito pressante a ricordarsi che il paese si sta disfacendo, che non si tiene più insieme, e la coesione sociale sta saltando.

Il guaio è che questo partito non si rende conto (sono ben intervenuto a dirlo) che c’è un pregiudizio anti-Pd nel paese dovuto al basso prestigio del suo gruppo dirigente. Il quale non sa più quanto consenso abbiano tra gli elettori i suoi esponenti né a livello nazionale né a livello locale. Perché tra liste bloccate in parlamento, liste bloccate alle primarie, direzioni provinciali, regionali e nazionali elette da anni in blocco (e lottizzate dalla a alla zeta), uno può fare carriera fino ai vertici politici e istituzionali senza mai passare per il libero voto degli iscritti e degli elettori. Quando perdi il polso in modo così radicale, poi arrivano Roma, la Puglia e Milano (e temo altro ancora). Di fronte a queste argomentazioni logiche e appassionate ho avuto applausi da stadio (scherzo: il gelo). Ancor più applausi ho riscosso nel secondo passaggio del mio intervento. Quando ho detto: amici, sono le cinque del pomeriggio, abbiamo detto che vogliamo tornare a parlare dei drammatici problemi del paese; e io mi chiedo in quale altro consesso civile impegnato a discutere per ore e ore di questi “drammatici problemi” sarebbe accaduto che nessuno, ma proprio nessuno, di nessuna regione, nominasse la criminalità organizzata, la mafia, la ‘ndrangheta e la camorra. Il console americano dice che la politica italiana non combatte la mafia? Non ne parla neanche… (questo lo noto qui, non l’ho detto). Una standing ovation. Applauso di Bachelet, una sedia sola, sembrava di essere in un film. Rottamatori, lingotto: quisquilie che diventano fatti… Bersani mi ha ripreso in conclusione: per dire che è giusto, se ne dovrà parlare, specie per il mezzogiorno. Obiezione: la mafia non è un paragrafo del mezzogiorno. E’ questione nazionale in sé (dillo, Lillo: minchiazza!). E d’ora in poi lo dirò e scriverò anche rivolgendomi espressamente a questo partito che sembra sordo ma non ha gente sorda, accidenti.

Il corso per giornalisti antimafiosi va bene. Sì, è aperto solo agli studenti del mio corso, soprattutto loro devono fare il sito di facoltà, ma a nessuno sarà impedito l’ingresso…Meno male che ci sono le nuove leve del giornalismo. Perché a me colpisce che anche i giornalisti berlusconiani invece di dire: “oh, questi non nominano nemmeno la mafia, lo vedete che ne parlano solo per attaccare Berlusconi e Dell’Utri ma in realtà non gliene importa niente?”, pure loro non lo abbiano notato e siano andati dietro al lingottino. Già, cari ragazzi che vorreste fare i giornalisti: come si decide qual è la notizia? Con quale cervello, con quale cultura? Questo è il problema…

Leave a Reply

Next ArticleSusana Chàvez. Ancora il Messico (ricevuto da Donne daSud)